Mio bel paesello

Mio bel paesello

Che dormi indolente

Sdraiato sotto i monti

Puoi dirmi il segreto

Per cui ti amo così tanto

E mai di te sono stanco?

Saranno le case vecchie e abbandonate

Sarà la carezza della neve

Sarà la luce della tua grazia

o il verde del meriggio.

Io non so cosa sia mio bel paesello

Ma tra il silenzio che mi accompagna,

e le campagne che si sposano col rapillu,

Dedico a te questa mia bella poesia

Innocente come la mia malinconia.

Cos’è l’amore

Cos’è l’amore

Si ama e si ama

Si ama una rosa

Si ama un bambino

Si ama un vicino

Si ama un sorriso

Si ama chi ti sta vicino

Io non so cos’è l’amore

So che è un sentimento che ti sboccia nel cuore

So che quando è primavera

Il sole ti sorride e non senti più dolore

So che la neve quando ti accarezza il viso

Ti ama senza nessun preavviso

Non sempre chi ti ama ha bisogno di dirlo

Il sole mica te lo dice quando illumina le strade polverose

La luna mica te lo dice quando rischiara la notte serena

Il tuo bambino quando ti sorride per la prima volta        

L’erba dei prati

Il fresco vento della sera dopo una giornata torrida

Una birra con un amico

Le parole della nonna che ti accoglie dopo un lungo viaggio

Lo sguardo della donna che ti ama

Il libro che hai aperto e che non hai mai finito

Mica ti dicono <<ti amo>>

Le parole sono involucri superflui

Il contenuto e ciò che ti suscitano contano

Chi ti ama ti ama e basta

Soffio di rugiada

Un cuore nero

Si spacca

Al chiarore delle stelle

Dove il mio corpo giace

Sfibrato dal tramonto

Mentre antiche ombre

Mi introducono

Al colore dei tuoi occhi,

Verdi come foglie:

Sopraffatto

Mi hai rubato ogni un sospiro

nel nulla,

Spirale di momenti

È un attimo,

Un soffio di rugiada.

La ballata del morto

Una giostra arrugginita

mi avverte che la fine si avvicina.

Non riesco a vedermi solo

in questa casa decadente,

la mia bara è tenebrosa ma lucente.

Vedo che tutto ciò a cui tenevo

lo ha acquistato il miglior offerente,

tutto questo è già presente.

Il mio sangue è impazzito,

il mio giorno è finito.

Loro verranno al mio funerale

o forse non verrà più nessuno.

Non riesco a vedere niente!

Non posso capire niente!

Non ne posso più di questo giorno indifferente!

Quattro vecchie al mio funerale,

hanno pregato allungo al mio capezzale:

Vi prego non venite al mio funerale!!

Casa di bambole

Costruirò una casa tenebrosa

Dove puoi rimpicciolirti

In un minuscolo ragno bianco

E rimpinzarti di orribili ricordi

Con le tue fauci vanitose

Vorrei soffocare il passato in un bozzolo

E aiutarti a muoverti

Con tutto il corpo

Ti possederò

Non perché ho bisogno di te

E non voglio essere un altro

Perché io non ho bisogno di essere di nessuno

E non mi voglio inginocchiare al tuo altare

Io non credo più a Dio

Ma ti terrò sempre bagnata

In un mondo sempre più arido

Ti riporterò indietro

Sulla scala dei ricordi

E avvolgimi pure con le tue fauci fameliche

Ci consumeremo a vicenda

Tesseremo insieme un bocciolo

Dove non ci sarà più niente da nascondere

E potremo annegare nel nostro stesso sangue

Non ti prometto le stelle

E nemmeno Dio o una religione

Non ti prometto la mia anima

Ma tu credi in me

E saliremo sulla scala dei ricordi

E il mondo sarà meno arido insieme

Gli spettri del passato

non ci potranno perseguitare

nel santuario senza Dio

che costruirò per te

Una casa di bambole

Dove nessuno potrà entrare

E la luna tesserà le sue tele intorno al nostro bozzolo

E il sole sarà invidioso della nostra oscurità

E ci rimpiccioliremo insieme

Prima di raggiungere le profondità

Dove non ci sarà più spazio

per orribili ricordi

Autodistruzione

La mia meravigliosa macchina sta mutando

I circuiti elettrici hanno trovato un nuovo alimentatore

È uno sviluppo che aspettavo da tempo.

La tua empietà ha sgomberato il campo

La battaglia che abbiamo condotto

ha lasciato il nostro tempio.

E il battito mortale del tuo cuore

ha tradito ogni aspettativa

mentre il mio sangue intriso del tuo

lo hai buttato in una bacinella sporca.

Ma prima che il veleno smetta di bruciare

ogni tetro anfratto del mio ego

inchiniamoci insieme sul confessionale

per fare scempio di quel poco che è rimasto

sulla lapide della mia autodistruzione.

Arcipelago tropicale

Serata piovosa di novembre

Aria che puzza di fuliggine e fumo

E l’eco del mio futuro

Che mi chiama beffardo

Come vento che ti sbatte lontano.

Sole spento

Rabbia e profumo

La strada con me è un tutt’uno.

Non ho mai voluto fare compromessi

Non ho mai ubbidito

Non ho mai reagito

Mentre le stagioni appassiscono

Come le foglie di primavera

alla luna d’autunno ingialliscono.

E la mia nave è ferma tra malefiche bonacce

E il mio futuro è un mare piatto e insicuro

Così navigo tra malevoli speroni

E rimango solo a navigare

Immobile in arcipelago tropicale .

A mia madre

Quando il tuo sorriso baciava i miei occhi

Io mi sentivo a casa:

L’odore del caffè,

la tua operosità,

mi accoglievi col tuo sguardo mite

che mai più conoscerò

se non nei miei sogni.

Ero felice e non lo sapevo

quando mi chiedevi

se avevo fatto i compiti:

mi sentivo considerato

così naturalmente

che quasi nemmeno me ne rendevo conto.

Quando il tuo abbraccio

accompagnava il mio ritorno

io stanco della mia mente,

mi abbandonavo all’amore che emanavi

così immutabile,

così eterno.

Ricordi sparsi,

ricordi su cui mettere ordine.

Oggi è la tua giornata,

così santa, così devota,

mai bigotta,

mai scontata,

come solo tu sapevi essere,

una presenza buona,

luminosa:

inondavi il mondo,

di amore e nemmeno lo sapevi.

Eri la luce dei miei occhi,

attraverso cui mi guardavi

in silenzio,

così beata,

così tenera,

come solo tu potevi essere.

Ricordo quelle giornate al mare,

da bambino,

te stesa al sole,

te che ti prendevi cura di noi,

te che eri così semplice in tutto

quel che facevi.

Ti sei sacrificata sull’altare della vita,

come i Santi, di cui ora è il giorno.

e io non riesco a darti onore con le parole,

come meriti

di tutto quel che eri.

E io che quando eri in vita

davo per scontato molte cose,

ora capisco che il tuo amore,

era come il sole,

sempre presente,

a volte nemmeno compreso,

come faceva il tuo sguardo tenerissimo,

che solo chi ti ha conosciuto,

può comprendere.

Hai lasciato un vuoto immenso,

incommensurabile.

Da quel giorno niente è stato più lo stesso

e il dolore,

accompagna ogni mio passo,

ogni mio sospiro,

ma tu sei con me,

ora più che mai,

e io oggi vedo attraverso te,

e sono forse una persona migliore,

solo grazie a te.

E anche se la mattina,

non sento più l’odore del caffè,

ti vedo, ti sento, ti tocco,

e anche se non so cosa ci attende,

quando guardo le stelle,

che tempestano come diamanti,

la volta celeste,

io sento che l’universo mi abbraccia,

come facevi tu,

che mi desti la vita.

E immagino ciò che eri,

prima che io nascessi.

Ti vedo bambina con i tuoi occhi buoni,

che guardavi piena di amorevole operosità,

un mondo di cui ti sei sempre presa cura,

come hai fatto con noi, la tua famiglia,

il tuo tutto.

E tu eri il mio tutto,

e se oggi sono certo,

il dolore non ha sopraffatto il mio cuore,

lo devo al tuo,

così semplice, così buono:

<<La vita è così bella Davide,

come fai a non capirlo?

Come puoi non vederlo>>.

In fondo bastava poco a lei,

non conosceva

il nero di questo mondo.

Lei era la luce,

che ci illuminava,

e io ero la notte,

illuminata dal suo sorriso.

Luna di un sole immutabile,

come era immutabile ed eterno,

il suo immenso

Amore.

Il merito e una società più giusta

Oggi in Italia si parla tanto di merito. Esso dovrebbe “ritornare” centrale nelle scuole di ogni ordine e grado. Tuttavia il merito è una variabile dipendente dal sistema dei valori prevalenti. Per questo una mente portata alla comprensione attraverso lo spirito critico viene certamente svantaggiata da chi “studia a memoria”. Poi un altro discorso ci sarebbe da fare.

Oggi le scuole sono diventate sempre più delle aziende, in cui non si bada tanto all’educazione di un cittadino consapevole dotato di una propria coscienza e autonomia di pensiero, ma a soldatini che si limitano a compiere il proprio compitino. Questo è certamente sintomatico di una società e di una politica che ha rinunciato a mettersi in discussione ma ha assunto come valori assoluti quelli del profitto e del dio denaro.

E’ una società oltre modo conservatrice e conservativa. Da una parte infatti abbiamo una destra intollerante, che cerca di preservare un passato “puro” che non è mai esistito. Dall’altra parte invece c’è una sinistra iperliberista, che crede ciecamente nelle regole del mercato dimenticando gli ultimi, in virtù di interessi che non sono certamente delle classi sociali che dovrebbe tutelare. In mezzo quindi ci sono i cittadini che non hanno più un’adeguata rappresentanza, qualcuno che davvero tuteli i propri interessi.

E se è comprensibile l’esistenza di una destra liberale (quella intollerante, purtroppo oggi prevalente in Italia, meriterebbe un discorso a sé stante) purtroppo manca un partito serio di sinistra che possa rimettere sul tavolo non solo a parole la questione sociale. In Italia con tutti i suoi limiti ci ha provato il Movimento Cinque Stelle, un partito che è nato con la pretesa di non rispondere a nessun orientamento ideologico. Ma vuoi o non vuoi ha finito per schierarsi a sinistra, come d’altra parte era in nuce già all’origine.

Purtroppo non essendo tuttavia un partito di classe, procede a tentoni, per bonus, dimenticando le ragioni del malessere sociale, quindi agendo da farmaco che attenua i sintomi ma assolutamente non risolve la malattia sistemica, che ha avvelenato il corpo sociale, frammentandolo, assurgendo come valore dominante la competizione e l’individualismo, fatto poi aggravato dalla grave crisi economica, che obbliga la gente a dimenticare le questioni ideali, ma a cercare semplicemente di “sbarcare il lunario”.

Questa purtroppo è la fotografia della situazione attuale, in Italia ma in po’ in tutte le democrazie occidentali. Serve per questo rimettere al centro la questione sociale, che è anche lotta di classe. Ma come fare, in uno scenario politico e partitico in cui gli interessi dei cittadini e degli ultimi non hanno più nessun referente?

La situazione è molto seria e aggravata dalle innumerevoli crisi internazionali, energetiche e climatiche che inaspriscono i conflitti, irrigidiscono la società e tolgono spazio ad un dibattito, oggi più che mai indispensabile: come salvare l’umanità, come cercare un nuovo equilibrio che possa redistribuire la ricchezza e il potere, insomma come rendere la società più equa e giusta?

Il niente

A cosa è dovuto tutto questo odio

Perché sto ribollendo di rabbia

Non sono forse all’altezza di ciò che dovrei essere

Penso che tutti mi dovrebbero delle scuse

Ho dato tutto

Ma sento sempre di più il mio odio crescere

La mia morale è morta

Ha dato tutto

ma non ha ottenuto niente

Avrei solo bisogno di un appiglio

Ma il mio odio cresce

E non credo più a niente

Il vuoto ha ucciso la mia mente

La carne si è scrostata

E l’anima in fumo

Ha incendiato la notte

Ma ormai le stelle guardano lontane

Vorrei solo un posto per nascondere la mia mente

La mia pelle si è scrostata dal freddo

Le carni prendono strane forme

E l’Io che conoscevate non esiste più

Come è potuto accadere

Perché trasudo tanto odio

Il mio sguardo non esprime più niente

Il volo

La mia macchina sta battendo

È una parte di me

Che va in frantumi

L’io che conoscevi non esiste più

Aveva dei ripensamenti

Aveva coscienza dei propri errori

ora è rotto

e non sente più niente

Non mi si vede più molto in giro

Quell’Io che conoscevi non esiste più

Si sta frantumando in mille corpi autonomi

E tutto il dolore va scomparendo

Ora che i fili si vanno scollegando

Non c’è nessuna via di fuga da questo processo

L’io che conoscevate aveva dei sentimenti

Aveva dei ripensamenti

Ma ora che la mia decadenza è inarrestabile

I miei fili si vanno scollegando

E anche quando ho ragione sono così lontano

Mi sono scollegato dalla grande rete

Mi sto scrostando dalla mia carne

Sento un rumore nella mia mente

Ma non è il mio

Posso nascondermi dentro di me

E provare a scivolare via

Ma questo ronzio

Non se ne vuole andare

Non si arrenderà

Mi vuole morto

Maledetto urlo, mi vuole morto

Ma stringiti a me

Il volo ci attende

E anche se non sappiamo volare

Ci schianteremo insieme

Le parole non hanno più il suono che ricordavo

Le facce non hanno più occhi

Un ghigno di crudele indifferenza

Mi osserva da lontano

Io non sono più quello di prima

E non mi si vede più in giro

Sono solo con i miei circuiti in disfacimento

I miei fili si sono scollegati

I miei sogni non esistono più

Ma solo questo ronzio

Mi vuole morto

Ti prego, stringi la mia mano

E cadremo insieme

Lo schianto sarà meno forte

Se saremo insieme

Analisi psicologica della Guerra in Ucraina

La guerra in Ucraina oramai è divenuto di fatto un conflitto mondiale. Purtroppo come al solito a farne le spese sono il popolo inerme, i civili, le donne, i bambini e anche quei militari che sono stati mandati a combattere una guerra assurda e fratricida, perché la guerra in Ucraina è anche una guerra civile.

Purtroppo questa è una situazione che viene da lontano a partire dalla rivoluzione arancione del 2004. Le fasi del conflitto sono molteplici e intricate, però una cosa balza agli occhi. L’Occidente e ovviamente la Russia autoritaria di Putin non hanno cercato un’armonizzazione del conflitto. E’ vero che da una parte il punto di vista era indirizzato verso i valori democratici occidentali e che dall’altra parte c’era di mezzo un’autocrazia. Io sono dalla parte della libertà, quindi ovviamente non posso essere un filoputiniano, ma il bene supremo da mantenere era la pace, e questo innanzitutto per il bene del popolo Ucraino. Per questo si doveva rendere questo paese una zona franca, ricca, autonoma, una sorta di cerniera e al contempo un ponte tra questi due mondi così lontani.

Invece l’Ucraina è diventata una terra martoriata, e questo perché nessuna delle due potenze (Americani ed Europei da una parte, Russia dall’altra) ha cercato il compromesso, l’accordo. Purtroppo ho la sensazione che questa guerra sia diventata, e in nuce lo era già all’origine, un campo di battaglia per interessi che non sono solo esclusivamente nazionali. Certo è difficile comunicare con un autocrate come Putin ma si doveva e si poteva fare di più. Le colombe della pace non hanno avuto molto spazio di volo, mentre invece hanno prevalso i falchi e questi sono ora i risultati. Un paese distrutto, il rischio dell’atomica.

Chi parla di pace non è un pazzo. Come in ogni conflitto se si vuole sanarlo, non si può pensare alla distruzione dell’avversario, a meno che non si vogliono pagare conseguenze terribili. Questo è successo nella seconda guerra mondiale, ma lì non si poteva fare altrimenti. Con un Hitler che stava sterminando milioni di persone nei campi di concentramento e che aveva dichiarato guerra al mondo intero. Con ciò non voglio dire che Putin tutto sommato è un buon dittatore, ma per fortuna, per il momento, la guerra seppur negli effetti mondiale, è sul campo, regionale. Quindi la situazione non è insanabile. Forse qualche concessione gli andrà fatta, e perdonato molto, in attesa magari che sia il suo stesso popolo a stancarsi di lui, ma non si può pensare alla distruzione della Russia. Perché questo muro contro muro a cosa può portare?

La speranza sta tutta nelle sanzioni immagino, che scavino dal di dentro il regime di Putin, e questa sicuramente è una via da percorrere, anche solo per metterlo alle strette. Forse la speranza dell’Occidente è che a lungo andare la stretta faccia crollare l’economia russa, però nel frattempo il sangue continua a scorrere. E con esso cresce l’odio, il rancore e l’impossibilità di trovare un accordo che in qualche modo non scontenti troppo, dato che tutti ne usciranno sconfitti alla fine, come dopo ogni guerra.

Certo c’è stato un popolo aggredito, e questo già di per sé è tutto. Ma sono stati commessi troppi errori, prima con l’incapacità di scongiurare la guerra e poi non riuscendo a farla finire il prima possibile, dando delle rassicurazioni al dittatore sanguinario, provando anche a comprendere le sue “ragioni”, perché quando parla l’odio si ha il dovere morale non di rispondere con l’odio ma col potere delle parole, che sapute usare sono potentissime anche per placare il peggiore dei mostri. Invece abbiamo scelto la via della distruzione con l’aggravante che oggi rispetto ai conflitti del passato c’è l’atomica, che cambia tutto.

Una breve postilla va aggiunta tuttavia. E permettetemela senza essere accusato di essere antiamericano. Quando gli Stati Uniti in tempi recenti hanno attaccato e distrutto l’Iraq e l’Afghanistan dove era l’Europa e l’Italia? Per non parlare della guerra in Libia. E poi chi ha buttato le uniche due bombe atomiche della storia? Purtroppo almeno in politica estera, sembra che come al solito non prevalga il diritto internazionale. Ma la volontà di potenza e la crudeltà. Per questo attenti a dichiararsi apostoli del bene, puritani dalla coscienza sporca. Ma ripartiamo per costruire un mondo migliore, dove alla logica della potenza prevalga quella del dialogo, anche degli opposti. Solo così si può pensare di migliorare questo mondo e far ragionare anche il più terribile dei mostri. Non certo sfoderando i muscoli per portare il confronto proprio sul campo che diciamo di avversare

11

Fuoco

Ascoltando una ballata

ho scelto di camminare

nel fuoco che brucia

su un mondo senza speranza…

Luci distorte

e pioggia dura

disegnano il viso

che mai parla,

mai sorride,

forse non resta molto da vivere,

prima che la risacca

cancelli ogni traccia…

Breve considerazione sulla musica dei The Cure

E’ straordinario come il gelo dei The Cure riesca in poche note a traghettareci nelle lande oscure del nostro io più profondo. Non credo alla musica allegra e spensierata e nemmeno a quella impegnata. La musica è qualcosa che deve trascendere la misera banalità del presente o la superficiale allegria. Per questo Beethoven scrisse alla Luna e non al sole. La luce distrugge la profondità e appiattisce le esistenze. Fa sembrare tutto regolare e piano, una bidimensionalità che solo la musica notturna riesce a disintegrare con le proprie trame oscure.

Non a caso dei generi teatrali il superiorie è la tragedia, perchè ci riallaccia alla nostra vera essenza, il legame con una realtà noumenica che si compone di forze al di là del bene e del male. Dionisio era un Dio oscuro, le feste in suo onore si celebravano la notte. Era l’ombra che si contrapponeva alla luce portata da Apollo. Ma ciò che si vede il giorno è solo una copia sbiadita della vita. Una bella rappresentazione certo per le anime semplici, ma un ostacolo per chi è intento a rompere il velo di Maya, per conoscere il terribile volto dell’esistenza. Così oscura, così tetra, ma terribilmente forte e vera, come questa musica dei The Cure.

I The Cure dell’82 erano un gruppo mostruoso. Di fatto si sono inventati uno stile, un modo di fare musica che prima non esisteva affatto se non nei Joy Division, con cui crearono il genere dark, una sorta di deviazione del post punk, una corrente musicale che aveva la pretesa di fare arte e non solo intrattenimento. In questo i primi the Cure sono stati sicuramente tra i precursori. I loro testi decadenti, le trame musicali ossessive e tragiche entrano nell’ascoltatore e lo ribaltano in realtà sommerse di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza.

In particolare mi preme ricordare Siamese Twins (tratta dell’album Pornography), una ballata straordinaria che come in una danza macabra narra di un amore morboso e totale destinato tuttavia ad essere sconfitto. Infatti esiste solo il nulla e la dissoluzione di ogni cosa autentica. In questo quadro l’amore vero non può che essere un evento straordinario che compare come una saetta nella notte, illuminando il buio dell’esistenza, ma incapace di cristallizzarsi in qualcosa di duraturo.

The Cure Siamese Twins live
Robert Smith

Guerra

Fumanti macerie

disegnano sinistre ombre

sulla città bruciata

dalle bombe.

Nessuno è rimasto

nei palazzi sventrati.

Solo i corvi, messaggeri di morte,

volano tra volti senza occhi

rubando ciò che resta

dei sogni e delle speranze

di un’epoca passata.

E se non c’è più nessun vivo

per scrivere l’epitaffio dei morti:

essi lo faranno da sé

(con ossa e sangue raggrumato).

Dialogo sulla vita

Era sera, e il cielo non prometteva nulla di buono. In lontananza si sentiva un brontolio continuo e le folgori scattavano molteplici irradiandosi nel cielo. Io mi sentivo del tutto distaccato rispetto a quanto mi stava intorno. Ero rimasto solo nella foresta. Tecnicamente mi ero perso, ma era stata più una scelta che un fatto sfortunato. Ero padrone di quel silenzio che tanto avevo agognato nella vita. Un silenzio innanzitutto interiore. Mi sentivo per la prima volta dopo anni in pace con me stesso. Certo le condizioni esterne erano pessime. Avevo freddo e si avvicinava un violento temporale, ma quell’atmosfera mi elettrizzava più che spaventarmi. Allora riandai con la mente ai giorni sereni della mia infanzia. Pensai a mia madre che mi accudiva da bambino, alle uscite al cinema con mio padre, agli scherzi che ci facevamo con mia sorella. Alle nonne e ai nonni. Sembrava un idillio perfetto, tranne per il fatto che fosse frutto del passato, e che rimaneva solo nei miei ricordi. In quel momento udii uno sparo non troppo lontano da me. E dopo un po’ udii un uomo gridare di dolore. Capii che era successo un misfatto e mi nascosi dentro la cavità di un albero. Avevo paura, ma non era la solita paura esistenziale o ipocondriaca che mi accompagnava sempre, era più un istinto di sopravvivenza, che mi diceva di non farmi vedere per salvare quello che rimaneva della mia vita. Sicuramente c’era stato un misfatto. D’altronde eravamo in tempi difficili. Lo Stato era caduto. Si viveva in una sorta di anarchia dove la faceva da padrone chi era più brutale e armato.

***

Sembrava che tutto complottasse contro di lui. Indubbiamente non era mai stato fortunato. Già a scuola aveva sempre avuto un pessimo rapporto con i suoi compagni che per la sua gracilità e sgraziatezza lo aveva sempre preso di mira con scherzi di cattivo gusto e denigrazioni gratuite. Poi in amore non si può dire che fosse stato fortunato. Aveva avuto qualche ragazza ma non si era mai davvero innamorato anche perché il suo modo di vivere l’amore era troppo mentale. Spesso si rendeva conto di essere innamorato quando era già tutto finito, per questo non di rado viveva la sensazione di occasioni perse, e questo naturalmente non faceva altro che farlo vivere guardando più al passato che al presente o al futuro. Insomma, era veramente una frana. Tutto ciò prima, quando il mondo andava avanti normalmente. Poi c’era stata la guerra e naturalmente tutti i problemi precedenti erano stati soppiantati dalla necessità di sopravvivere in un contesto del tutto mutato. Ora vigeva semplicemente la legge del più forte, non c’erano più diritti, o chi controllasse l’ordine. Si erano formate delle piccole tribù in lotta continua per accaparrarsi le scarse risorse. La tecnologia vista la penuria di energia elettrica e i danni gravissimi subiti dalle linee di comunicazione era praticamente inservibile. Restavano solo le riserve di cibo in scatola, mentre si provava a far ripartire l’agricoltura per non morire tutti di fame. Anche se la popolazione mondiale era passata dai 10 miliardi ad appena un miliardo in seguito allo scoppio di innumerevoli testate nucleari che avevano di fatto distrutto l’umanità.

Aveva camminato a lungo, fin quando si era presentata quell’occasione ghiotta. Sembrava incredibile che a pochi passi da lui la preda fosse così pronta per essere razziata. Era in cammino da giorni, e stava letteralmente morendo di fame. Purtroppo faceva parte delle tribù del nord come testimoniava la svastica col sole che aveva tatuata sul petto. Non sarebbe mai stato accettato da quelle parti e a ragione. Lui faceva parte di gruppi di cannibali, di gente spietata che attuavano questa oscura pratica senza troppi rimorsi, per motivi oggettivi se vogliamo. Infatti nei villaggi del nord c’era scarsità di cibo, ma non abbastanza forte per giustificare quell’efferatezza, quel superamento di tabù che si era consolidato nei secoli e nei millenni della civiltà umana.

Intanto J. stava nell’albero e non aveva nessuna intenzione di muoversi. Sentiva dei passi a distanza di pochi metri. Non si fidava di uscire allo scoperto e vedere di chi si trattasse. Certamente non erano i tempi migliori per andare a fraternizzare con uno sconosciuto. Sentiva il respiro dello sconosciuto e qualcosa di pesante che trascinava. Ad un certo punto vide il tentativo di accendere il fuoco che ben presto si tramutò in realtà. Cercò di mettersi nell’anfratto più oscuro e nascosto della cavità. Quello che vide lo sconcertò. Lo sconosciuto stava facendo a pezzi un essere umano con grande attenzione, dimostrando anche una certa abilità e stava iniziando a cuocere i pezzi partendo dal braccio dello sfortunato. Il terrore lo iniziò ad invadere.

<<Non posso farcela a stare qui nell’ombra di fronte a questo orrendo spettacolo. Inizio a sentire i crampi della nausea. Devo non guardare.>>  Ma un conto è volere e un conto è potere, così non potè farne a meno ed ebbe un mancamento. Quando riaprì gli occhi era davanti al fuoco con il cannibale che stava tranquillamente banchettando con quanto rimaneva dell’essere umano che aveva ucciso. J. Invece era legato ben saldo, come unica zona libera la bocca. Al che scoppiò in lacrime e urlò disperatamente. In maniera abbastanza assurda il cacciatore lo rassicurò, parlando la lingua di J..

<<Non devi preoccuparti, almeno per oggi sono sazio e poi non è detto che voglia farti a pezzi. Se mi indichi un posto dove potermi approvvigionare potrei anche risparmiarti. Io vengo da molto lontano. Purtroppo al nord dove vivo si trova sempre meno cibo e con la stagione che avanza sarà sempre peggio. Per questo mi sono spinto tanto a sud, inoltre qui avevo dei parenti e prima delle bombe ci passavo lunghi periodi in villeggiatura. Quindi ora calmati, tanto nessuno ti sentirà o verrà in tuo aiuto. Qui siete dei cagasotto. Non come il nostro popolo guerriero>>.

Intanto J. era terribilmente fuori di sé. Vedeva la propria fine vicina. Ma in qualche modo trovò la forza di parlare. <<Non mi fido di te. Sei un essere ignobile, né bestia né uomo e nemmeno scimmia. Come si può fare una cosa del genere, esiste la legge naturale anche se quella umana ormai è stata distrutta dalle bombe>>.

Il cacciatore di teste non perse la calma e un po’ come farebbe un genitore con un figlio birichino e un po’ sciocco rispose: <<La legge naturale a cui ti appelli tu è un’illusione, o meglio la legge naturale è la legge del più forte e del più assetato di vita. Per questo se non ti sai difendere o non colpisci per primo sei destinato a soccombere. Questo è stato vero da sempre, a parte quell’assurda parentesi chiamata civiltà. Oggi finalmente si vede l’essenza della vita. La morale e l’etica sono solo stati dei sotterfugi con i quali i deboli hanno imbrigliato i forti>>.

J. stava male più che per la stretta delle corde per quelle parole infauste e terrorizzanti. Ma cercò di far ragionare il barbaro: <<Ma l’uomo è dotato di ragione. Sa scegliere tra il bene e il male. E poi soprattutto l’uomo non vorrebbe mai fare del male ad un altro essere umano in quanto dotato di empatia. Non fare mai all’altro ciò che non vorresti fatto a te stesso diceva la legge di Dio. Ma anche se Dio non esistesse sembra una massima ragionevole. La legge del più forte a cui tu ti appelli è solo una costruzione culturale, non appartiene allo stato di natura dell’uomo, e anche se fosse così la cultura non può essere distinta dalla natura dell’uomo perché contribuisce a creare l’uomo stesso, che non è solo prodotto biologico ma anche e soprattutto culturale>>.

Il cacciatore ascoltò attentamente, sembrava molto attento tanto che dall’esterno sarebbe sembrato che gli avrebbe dato ragione, ma invece sterzò o storpiò ancora più forte il ragionamento precedente di J. <<Tu pensi che l’uomo debba rispondere a Dio o alla sua cultura. E hai perfettamente ragione. Anche io credo in Dio e alla mia cultura. Solo che il mio è un Dio di morte e anche la cultura mi dice di sopprimere i più deboli per sopravvivere io in quanto essere più forte. Come vedi entrambe le nostre posizioni sono giuste. Anzi no. La mia è più giusta perché in questo momento tu sei legato e io posso disporre completamente della tua vita. Non mi impietosirai se deciderò di farti a pezzi. La bontà è solo un’invenzione dei deboli. Ciò che conta è la forza. Ancor più oggi che lo Stato non esiste e la giustizia è un fatto prettamente personale. E poi che cosa hanno fatto gli stati se non cercare di distruggersi a vicenda per imporsi. Come vedi la vita è lotta del più forte contro il più debole…>>

Ma J. approfittò di quest’ultimo esempio per dare un colpo mortale alla posizione del cacciatore: <<Tu hai perfettamente ragione dal tuo punto di vista e forse hai ragione in assoluto. Ma dimentichi una cosa. A cosa ha portato la politica di potenza fra le nazioni. La distruzione dell’umanità. Il mondo sarebbe potuto essere un luogo meraviglioso se ci fossimo parlati invece di trucidarci a vicenda. Il risultato di tutto ciò è stato quello di tornare all’età della pietra. La fratellanza è l’unica condizione che può portare allo sviluppo dell’umanità dentro e fuori di noi. La ragione si è formata per migliorare le condizioni materiali e spirituali dell’uomo. Il resto è ideologia oscurantista che non può fare altro se seguita che portarci nell’abisso ancor più di quanto ci siamo già ora…>>.

Il cacciatore allora rispose dopo un attimo di sbandamento: <<Mi hai quasi convinto. Ma ciò non migliora la tua situazione. Disporrò di te come e quando vorrò… E poi vuoi che qualcuno ti creda? Potrebbe essere anche possibile in via di principio, ma ciò non toglie che tu sarai fatto a pezzi. E con te, le tue ragioni…>>.

Intanto iniziò a piovere. Gocce grandi, polverose, che impastavano il viso di J. colmo di lacrime e sale…

Maestra d’amore e io allievo tuo per sempre

Quante volte camminando accanto al fiume

Ho ascoltato le voci degli spiriti delle acque

Che sussurravano il tuo nome portatore di pace

E io quasi spaventato mi sentivo richiamato

Da quelle insolite trame acquatiche, quasi a perdere il controllo,

e a tuffarmi dentro per poterti ancora una volta toccare

e stringerti per strapparti al mondo delle ombre

e a quel fato che ci ha separato troppo presto

Non c’è più futuro, né presente da quando

Sei sparita inghiottita dalle acque del tempo

La vita scorre ma è spenta, il sole che non scalda più

È sempre notte anche a mezzogiorno dove i miei funerei sogni

Riformulano nella mente senza luce la tua splendida voce

Che non ci sarà più

Che non tornerà più

Che non vuole farsi dimenticare

Che mai scorderò

Così mi avvicino agli spiriti delle acque

E racconto di te e dei tuoi occhi, ricolmi di amore

Del tuo sguardo dolce e malinconico,

in un’epoca che ora sembra essere così lontana e forse mai nata

Ma le mie lacrime sono sempre attuali

Solo un po’ più salate, un po’ più amare per come è andata

Ma io non ti porrò nel dimenticatoio del tempo,

Tu sarai sempre al mio fianco e ogni cosa che io vedrò tu vivrai

attraverso me affamato di vita come eri tu

E anche se il tuo cuore ora non batte più

ti servirai del mio, come gli spiriti di queste acque

Che mai finiranno la loro danza, limpidi come il tuo sguardo

Ricolmo di amore

***

La vita aveva ancora molto da darti

Te ne sei andata via troppo presto

Ma i fiori più belli sono quelli che annunciano la bella stagione

Pronti ad essere spazzati via dalle tardive gelate di aprile

E tu eri uno di essi,

Pura come una margherita,

bella come una rosa

Ora di quella vita che tanto amavi

non è rimasto che qualche petalo,

Ma il tuo insegnamento fatto di esempio

scevro di pregiudizi e inutili parole

È sempre mio:

Maestra di amore e io allievo tuo per sempre

Angeli o diavoli?

Oggi, 4 marzo, dell’anno 2022 D.C. mi sveglio piuttosto tardi come spesso accade, quando i sogni della notte prendono il sopravvento sulla luce del primo mattino. È una giornata di aprile fresca e plumbea. Il sole fa fatica ad imporsi tra i nembi che affollano il cielo. La guerra infuria a pochi passi da qui, e le televisioni sembrano portarcela a casa. Ma a Decollatura tutto tace.

Il paesello arroccato sui monti del Reventino sembra sonnecchiare come sempre strizzandomi l’occhiolino indifferente e placido nel suo essere fuori dalla storia da millenni, cioè da sempre. Le rondini non sono ancora giunte. È una primavera fredda, appena due giorni fa sono caduti gli ultimi fiocchi di neve e le montagne ne recano le tracce. In tutto ciò mi chiedo quale sia il mio posto nel mondo.

Sto leggendo Pasolini, “Una vita violenta”. Il libro è ambientato nelle borgate romane del dopoguerra. I personaggi mi colpiscono per la loro carica di vitalità, per il loro modo di vivere al di fuori dagli schemi e anche per la crudeltà. Da intendersi, crudeltà, non in senso assoluto, ma relativo. In essi infatti non c’è nessun calcolo strategico, nessuna ipocrisia piccolo borghese. Essi sono esattamente ciò che sembrano, delle persone semplici, che affrontano una vita dura, senza abbracci, senza baci, ma ricca in compenso di calci, schiaffi e fame. Come si potrebbe essere altrimenti in una situazione del genere, se non dei piccoli bulli, o mascalzoni o come dir si voglia. Anzi come possiamo pensare, noi ben pensanti, che questi siano solo degli avanzi di galera.

In fondo lo sono, ma non nel senso dispregiativo del termine. Sono persone inclassificabili secondo gli schematismi della Legge e della morale, non appartengono al mondo “sviluppato”. Sono soggetti astorici e quindi asociali. Espressione di un antropologico disagio che in realtà cela una ricchezza, una carica istintuale e una voglia di vivere che i ragazzi della stessa età inquadrati storicamente e socialmente nelle classi dominanti non possono nemmeno immaginare.

Per questo invidio, o meglio ammiro, la libertà di azione e di pensiero di questi ragazzi al di fuori del tempo. Il loro non celarsi mai dietro belle parole spesso solo di facciata, o sentimenti ipocriti imparati a scuola o in famiglie perbeniste. Essi sono spirito vitale puro. Sempre vicini alla morte (perché non c’è vita vissuta pienamente che non sia sempre a un passo dalla fine del tutto) non sembrano curarsene.

E fanno bene perché siamo tutti appesi ad un filo. Basterebbe, infatti, che il nostro bel cuoricino si stancasse per qualche attimino, per farsi un pisolino, che tutto traballerebbe e saremmo bell’e finitelli. Mi chiedo anzi come faccia a non stancarsi mai. Ma il cuore, non risponde ai dettami della ragione ma a quelli della pura vita, il cui sospiro fatato si impossessa di noi già nel ventre materno e non ci abbandona più, sino alla fine dei nostri giorni.

Questa benedizione o maledizione a seconda dei casi (c’è gente a cui giustamente la vita è venuta a tedio), è un vero piccolo miracolo. Forse la dimostrazione che non siamo solo carne, creta o che ne so io.

Intanto sto ascoltando i Beatles che intonano While my guitar gently weeps, un piccolo blues, e mi chiedo come sia possibile che l’uomo riesca a stimolare queste emozioni tirando delle piccole corde e al contempo essere oggetto di noia, di insensibilità così grande e di mancanza di empatia, tanto da doversi inventare guerre e omicidi.

Siamo veramente un mistero noi esseri umani. Soggetti fortemente instabili, in continua trasformazione, ogni giorno ci avviciniamo alla fine, e del dopo non sappiamo che nulla. Ammesso che ci sia un dopo. In fondo cosa eravamo prima che nascessimo se non polvere di infinito? Siamo dunque eterni, come la sostanza che ci da la vita, dunque dei? E di che tipo? Angeli o diavoli?

Danni collaterali

La cosa terribile delle guerre è che oltre all’incommensurabile e assurdo bagaglio di morte e distruzione di cui sono dispensatrici a profusione, annientano il dibattito politico, polarizzano le posizioni e impediscono di affrontare i problemi che già di per sé si presentano all’ordine del giorno.

Ad esempio, ormai il Covid è diventato un tema di terz’ordine, ma si parla anche pochissimo di ripresa economica, di efficienza energetica, di crescita sostenibile, di diritto del lavoro, di benessere del cittadino. Ormai insomma si parla solo di guerra. Con ciò non voglio dire che non sia un tema terribile, doloroso e centrale, ma piuttosto che fare su 24h di informazione 23 di guerra non credo aggiunga molto all’informazione sul conflitto per il cittadino, magari se ne potrebbero fare 12.

Purtroppo, il problema del Global Warming ad esempio non si è estinto, anzi sta accelerando drammaticamente. Il problema della crescita economica e dei diritti dei lavoratori, non solo all’occupazione, ma anche alla buona occupazione, sembra essere superato. Per non parlare del benessere psicologico dei giovani e dei soggetti più fragili dopo l’isolamento sociale inasprito dal Covid e dalle misure adottate per contenerlo.

Insomma, la guerra in Ucraina davvero non ci voleva. Putin è stato un criminale ad invaderla e forse l’Occidente avrebbe potuto fare qualcosa in più per scongiurare questo folle e omicida attacco. E pur tuttavia nonostante le gravi conseguenze che sta apportando non rimane la sola questione politica rilevante, seppur ha certamente condizionato non solo il dibattito ma anche l’esacerbazione di alcune problematiche quali l’approvvigionamento energetico europeo e il terribile dibattito su disastrose escalation militari anche di stampo atomico.

Infatti, hanno rialzato la cresta i dispensatori di energia di origine fossile e oltre ad essi anche i propugnatori dell’energia atomica, dimenticando Chernobyl e Fukushima, oltre alle gravi problematiche di smaltimento dei rifiuti radioattivi. In ultimo, ma non certo per importanza, credo che sia scandaloso che dopo il Covid, tra le cui cause dirette potrebbe esserci anche l’attuale sistema economico adottato e le politiche ambientali degli stati (oltre naturalmente a quelle sanitarie, dove risulta fondamentale ormai a tutti, l’investimento necessario nel settore pubblico per combattere e prevenire altre pandemie), nessuno abbia veramente pensato di mettere in discussione il sistema di sviluppo mondiale, di stampo capitalistico e consumistico, che sta distruggendo il pianeta e facendo precipitare le condizioni di vita dell’umanità tutta, attraverso la degradazione del territorio, l’assottigliamento delle risorse, e i terribili effetti del riscaldamento globale.

Insomma, ci mancava solo la guerra per distogliere l’attenzione dalle tematiche politiche che saranno centrali nel nuovo millennio. Che Dio ci salvi, dato che l’uomo sembra incapace di farlo da sé!

Solo (per te)

Galleggiando in un fiume indifferente

Guardo la luna piena con orbite vuote

E mi lascio indietro tante vite interrotte

Mentre voci mi attraggono verso l’infinito

Da cui mesmeriche fonti

Mi ricollegano a te che sei partita

attraverso ruscelletti d’amore

che si insabbiano nel mio cuore sfinito

Oggi ho scelto di non temere l’oblio

(di non temerti)

Aspettando il crepuscolo invernale

Quando nuvole rosa e lievi si dissolvono

E i miei resti disfatti

Asceticamente si sbrindellano

sul mio piccolo mondo

lasciandomi solo e sfinito

E io ballerò a piedi nudi

Sulle mie ossa

Ferendomi e squarciandomi

Perdendo il senso del dolore

Cadendo nel torpore

Legandomi al letto di una stanza senza luce

Perché non c’è redenzione

Per colui che ha dismesso i panni della vita

Tutto ciò che non sono riuscito a darti

Vorrei ricoprire di rose profumate i tuoi ricordi

Eri così bella, i tuoi occhi luminosi,

Evocavano il paradiso e le stelle iridescenti,

Eri una fata che mi scrutava innamorata,

Il giorno che ti incontrai eri stanca e affaticata…

Io all’epoca non sapevo quanto ti amassi,

Ogni volta che ci vedevamo

Mi cullavi e mi baciavi ardentemente,

Poi arrivarono giornate tristi

La partenza e l’addio,

Io pensavo solo a me stesso,

Non fui il migliore degli amanti,

Presto dimenticai,

Fin quando la memoria, cane sciolto,

Da te ritornò

E furono di nuovo baci e abbracci degli amanti…

Passione e desiderio ci confondevano,

Tu mi dicesti solo: <<non lasciarmi più>>,

Indifesa come una bambina,

Ma tutto questo non bastò…

Presto dimenticai le promesse

Mentre tu mi amavi come un Dio,

Purtroppo, poi arrivò il giorno del definitivo addio…

All’inizio non capì,

Ero stupido e viziato:

I capelli color oro non avrei più accarezzato,

Le tue gambe da modella non avrebbero più per me sfilato,

Tu bella come una bambola,

Di un altro saresti stata…

Fu molto triste e doloroso,

Tutte le tue lacrime si trasferirono nei miei occhi,

Piansi per giorni e notti…

Non c’era canzone d’amore che non mi ricordasse

Qualche nostro momento,

Non c’era viso di donna bellissima che non mi ricordasse

Qualche tuo lineamento,

Ogni simbolo della natura era tuo,

Ogni significato mi rimembrava il mio fallimento…

Piansi tanto, ti invocai, ti reclamai,

Ma ormai non eri più mia,

Il miracolo dell’amore era andato via,

Me ne resi conto quando tutto ormai era finito

E non era rimasto che un misero ricordo…

Provai ad odiarti ma non era possibile,

Non si può odiare chi ti ha amato e perdonato…

Provai a dimenticarti,

ma come si può farlo con chi ti ha salvato?

Allora decisi di scriverti una poesia,

Una poesia che mai leggerai,

Una poesia inutile come tutte le poesie…

Buonanotte fata, io ti dico addio,

che la vita possa perdonarmi e a te donarti

Tutto ciò che io non sono riuscito a darti…

Il diamante più prezioso

Un cielo superiore e distante,

lacrime fredde e bagnate,

come di mattina la brina

al sorgere del sole,

e tu, e io, e noi,

immersi nel destino

ci nutrivamo

dal seno giovane dell’amore

ricolmo di latte, di eros e desiderio…

Eppure, solo ora provo

a immaginare i tuoi sogni,

le tue speranze, i tuoi aneliti legittimi;

penetrando con l’occhio della mente

il mistero che celavi

in quello sguardo da bambina

splendente come il mare…

E come mi è dolce il ricordo

di te che piccola

e indifesa mi osservavi,

timida e tenera,

aspettandoti

null’altro che un bacio,

o una carezza,

per farti sentire viva

anche quando,

come uccellino piccolino,

mi osservavi incapace di capire,

mentre io mi opprimevo

in metafisici pensieri,

lasciandomi sfuggire quell’attimo

infinito, del tutto significante,

in cui tu eri la regina…

Ora invece

quanto mi è amara

la distanza eterna,

che ci separa

come la morte

o come l’ombra

che sempre mi trascino

solo nell’infinito…

La libellula

Sera bruna,

pesante come il piombo,

io porto in me

le tracce

del nero più profondo…

Chi gioisce

se cadono le bombe

e il mondo si spacca

come sfera di cristallo?

Perché tutto questo,

perché l’uomo

è l’essere più folle?

Come si fa a sfuggire

a tutta questa ostilità

(respiro odio,

lacrime e fiamme)?

Purtroppo, non c’è rimedio

alle bombe,

se non il bunker

dei miei sogni…

Allora come libellula,

mi libro in cielo

e grido

nella più gaia lievità,

che Io esisto

e che amo il sole e le stelle,

così come quella piccola

formichina: ma quanto

è grande tutto ciò,

e quanto

io sono,

così,

piccolo

Sul fallimento del ’68

Sui fatti di Valle Giulia del primo marzo ’68 (di PPP)

<<Siete in ritardo, figli…
Adesso i giornalisti di tutto il mondo (compresi
quelli delle televisioni)
vi leccano (come credo ancora si dica nel linguaggio
delle Università) il culo. Io no, amici.
Avete facce di figli di papà.
Buona razza non mente.
Avete lo stesso occhio cattivo.
Siete paurosi, incerti, disperati
(benissimo) ma sapete anche come essere
prepotenti, ricattatori e sicuri:
prerogative piccoloborghesi, amici.
Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
… Peggio di tutto, naturalmente,
è lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.>>

Pier Paolo Pasolini

Cinquanta anni fa Pasolini scriveva la sua celebre poesia sui fatti di Valle Giulia, quando i contestatori del ’68 ebbero uno scontro violento con la polizia. Abbastanza sorprendentemente disse che stava dalla parte dei carabinieri, perché erano loro i veri proletari (Pasolini si è sempre proclamato comunista, sebbene il PCI lo avesse espulso per “immoralità”). Mentre al contrario gli studenti erano figli della borghesia. Naturalmente, come per altre posizioni scomode egli venne attaccato un po’ da tutti. Ma così è sempre stato per i pensatori liberi, capaci di autonomia e capacità di giudizio critico, i grandi eretici.

Quanto avremmo bisogno di gente così in un tempo storico e in un’Italia tanto vittima del pensiero dominante, “liberal”- borghese. Un conformismo piccolo piccolo che oramai ha contagiato tutte le classi, e dove resistono solo delle sotto culture che non sono in grado di incidere in niente. Per questo, oggi, ancor più di allora ci sarebbe bisogno di intellettuali con i coglioni, capaci di affrontare le questioni in profondità, al di là del politically correct, che sembra l’unica lingua oggi ammessa.

Pasolini aveva proprio ragione negli anni ‘60 quando parlava di fine di un’epoca, perché tutto iniziò allora in Italia e la contestazione probabilmente oltre che naturalmente ad essere utile soprattutto per l’allargamento dei diritti civili, non fu altro che l’inizio del declino culturale del nostro Paese. La liberazione sessuale è stato un fallimento. Essa non è altro che una mercificazione dei corpi e un consumismo esasperato. Il sesso è tutt’altro che liberatorio in una società in cui sembra essere al contrario incentivato come via di fuga delle persone dalla lotta politica vera. Che non esiste, come forse non esisteva nemmeno nel ’68 essendo stata portata avanti e guidata da figli di papà che non facevano altro che contestare i propri genitori, ben consapevoli che comunque sarebbero presto entrati nel mondo che conta dopo le sfuriate ormonali giovanili.

Se qualcuno obiettasse che così non è, allora perché non da uno sguardo a cosa siamo diventati oggi. Un mondo intollerante, una società conformistica, un consumismo che ha toccato vette spaventose, dove anche l’anima è in vendita e dove i corpi lo sono da tempo. E guai a mettere in discussione anche in maniera oscena, perché l’oscenità deve essere sempre consentita, questo stato di cose. Bisogna sempre essere simpatici, friendly, corretti. Altrimenti il buio. Il riflettore si sposta da un’altra parte e si diventa nulla, polvere nel mare.

Ritengo che nemmeno Pasolini immaginasse questo esito dove non c’è più speranza di redenzione, dove oramai il sistema ha inglobato tutti, anche i proletari, che introiettano i valori borghesi pensandoli giusti ed eterni. Ma io faccio una rivelazione: non è così. Sarà banale ma questo non è l’unico mondo possibile. E le cose sarebbero potute andare anche diversamente se ci fossero stati più poeti come Pasolini capaci di declamare la verità (e più gente capace di ascoltarli). L’unica verità. Che cioè l’umano non è una merce, non è un ingranaggio economico, che non ha bisogno di beni superflui, che è nato per essere felice per progredire verso uno stadio di coesistenza con l’ambiente sempre più pacifico. E che gli uomini sono fatti per evolversi spiritualmente più ancora che materialmente, se per spirito intendiamo il vivere religiosamente, senza essere corrotti, come se ogni essere vivente o anche inanimato non sia qui per essere usato o per usarci, ma per esserci di conforto e aiuto, come valore supremo, che da senso alle nostre vite altrimenti prive di un aprioristico significante

Stop WAR

Piovono da un cielo di latta

livido come il cuore dell’inferno

saette e rombi come tuoni che abbattono palazzi

con grandi frastuoni ma non il coraggio

di chi resiste con cuore selvaggio.

L’umanità è assediata

ma non si arrende

perché niente distrugge la ragione

di chi lotta mettendo avanti il cuore

con grande valore

e indietro tutto il resto

dimentico di sé stesso.

Ucraina terra gentile

granaio e seno d’Europa,

Natale di uomini e donne bellissime e fiere

Madre della grande Russia sfigurata.

Piange Tolstoj,

principe della cristianità,

si contorce Dostoevskij,

precursore dell’interiorità.

Lenin trema

invece Stalin bestiale se la ride.

Ma non ridiamo noi,

mentre l’aria si scuote con violenza,

e cadono come fiori ai primi tepori

gli innocenti, i bambini e gli amori:

Imbracciamo le armi della ragione

prima che la distruzione

ci porti verso un vortice senza soluzione.

Trascendenza

Trascendere

in pura energia

come diga sbriciola via

da improvviso temporale

È bello e grande navigare tra le onde

di un mare in tempesta

mentre stelle intonano

brillanti e fredde

un’oscura melodia

per la notte polare.

Il mondo è un fuoco freddo che brucia

tra noie e conformistiche illusioni,

nuovi feticci di divinità

che hanno corroso la mia pelle.

Ma anche se la poesia si è rarefatta,

l’economia non ha ucciso il mio mondo

profondo come un mare di plastica

imbevuto d’amore.

Considerazioni critiche sulla “gestione” della pandemia in Italia

Mi fa specie, che al culmine della quarta ondata ci siano più voci che dicono di non pubblicare più i dati dei contagiati e dei morti e del tasso di positività tra tamponi effettuati e positivi. Questo perchè i dati metterebbero ansia ai comuni cittadini che non sarebbero in grado di decifrare correttamente le informazioni ricevute. Motivazioni veramente gravi perchè offendono l’intelligenza del cittadino comune che è sicuramente più intelligente di quanto pensino questi sapientoni.Il problema è un altro.

Infatti non si vuole ammettere che la politica del green pass tanto sbandierata come un’innovazione italiana sia stata un parziale fallimento, i ritardi nelle somministrazioni delle terze dosi e che le politiche restrittive prese nell’ultimo mese siano state troppo liberali.Infatti ora stiamo pagando le aperture del periodo natalizio, dato che i morti arrivano generalmente 20 giorni dopo il contagio (Oggi sono 360, apice della quarta ondata, con 186000 positivi e tasso di positività al 16%).

La questione dunque è semplice: ci devono dire chiaramente che col virus ci si deve convivere e non si sa fino a quando, ammettere che la scienza si sta scontrando contro un nemico sconosciuto e che quindi può anche incorrere in qualche fallimento. L’unica cosa da non fare invece è negare le evidenze e non ammettere responsabilità sperando che la questione si risolvi da sè.

In questo caso i cittadini si incazzeranno davvero e inizieranno a dare veramente credito alle frange più estreme dei no vax, con rischi di tenuta democratica delle istituzioni, dato che molte frange dei no vax sono di estrema destra.Una considerazione finale. Invece di preoccuparsi tanto delle capacità interpretativa dei cittadini, perchè non investono chiaramente senza se e senza ma nella sanità pubblica?

Dopo quasi due anni ancora non lo hanno fatto, è questo il fallimento più incredibile. Sembra che questa pandemia non abbia veramente insegnato niente.Si è puntato tutto sui poteri taumaturgici dei vaccini, ma si è sottovalutato quanto una sanità pubblica efficace ed efficiente avrebbe potuto fare per fronteggiare questa maledetta pandemia. E questo perchè? Per le idologie ordoliberali del cavolo, che puntano a ridurre il più possibile l’intervento dello stato, con tutte le conseguenze a cui stiamo assistendo…

Gas naturale e nucleare contro i cambiamenti climatici (l’assurda proposta della Commissione Europea)

E’ veramente surreale che mentre si discute di ridurre significativamente le emissioni di gas serra, la Commissione Europea ha presentato al Consiglio d’Europa (composto dai rappresentanti degli stati dell’UE) la proposta di introdurre tra le fonti di energia rinnovabili i Gas naturali e il nucleare.

La proposta è abberrante e riflette la volontà da una parte della Francia e degli stati dell’est di sfruttare il nucleare o perchè detentori di innumerevoli centrali (caso francese) o per svincolarsi dal gas russo (stati dell’est). Invece sul fronte del gas la Germania avendo scelto di chiudere tutte le sue centrali vuole rifarsi adoperando questa forma energetica, comunque inquinante e con effetti nefasti per la salute del nostro clima.

Insomma da una parte gli stati dell’UE fanno la guerra ai cambiamenti climatici e dall’altra per sopperire alle mancate emissioni di CO2, date da combustibili fossili (petrolio e carbone) reintegrano tornando al nucleare (con tutti i rischi connessi e i problemi di smaltimento che esso comporta, con costi tra l’altro altissimi di gestione e di costruzione delle centrali), dall’altro puntando sul gas che inquina quanto o più della CO2.

Nel frattempo però la nostra Terra è sempre più ammalata, le temperature crescono e con esse i fenomeni estremi dati da ondate di calore sempre più feroci, siccità bibliche ed al contempo alluvioni disastrose, uragani e innalzamento del livello dei mari, causato dallo sciogliersi dei ghiacciai). Insomma c’è poco da essere ottimisti, perchè nel frattempo gli stati emergenti rivendicano il diritto di non poter limitare la propria crescita economica per ridurre le proprie emissioni.

Così mentre la politica e gli attori economici fanno i loro calcoli, e si mette lo sporco sotto il tappetino, si imbocca una strada sconosciuta, che potrebbe creare una crisi peggiore del Covid e contro i cui effetti si dovrà fare i conti per decine o più di anni (perchè il sistema climatico è così complesso che se anche ora non emettessimo più niente in atmosfera la temperatura continuerebbe a crescere per decenni).

Un quadro spaventoso e una crisi che potrebbe diventare non solo ambientale, ma anche politica ed economica, condizionando la vita di ogni essere umano che vivrebbe in un ambiente meno sicuro, più povero di risorse, più conflittuale tra le classi sociali (la mancata crescita economica incidendo sulla ricchezza complessiva farà aumentare la sperequazione sociale) e tra gli stati (scopppieranno guerre sporche per accaparrarsi le riserve idriche).

La sensazione è insomma che la classe politica e dirigenziale abbia fallito in virtù di un sistema capitalistico di produzione fondato non sulla redistribuzione equa della ricchezza prodotta e sulla responsabilità, ma sulla furia accumulativa e accentratrice delle ricchezze, irresponsabile e quindi irrazionale, perchè non tiene conto del benessere dell’umanità e del suo ambiente ma solo del tornaconto economico di piccolissime parti della popolazione mondiale, che in virtù del proprio interesse stanno distruggendo l’ambiente e quindi l’umanità che in quell’ambiente vive.

I numeri del Covid vanno dati!

Ultimamente si sta assistendo ad uno strano fenomeno mediatico. Da quando i contagi sono in forte aumento, qualche infettivologo televisivo dando i numeri, chiede che essi non vengano dati. Parlo ovviamente del numero giornaliero dei contagi, perchè creerebbero ansia e non allerta. Tra questi guru il più agguerrito è un certo Bassetti.

Bassetti non capisce o finge di non capire che tutti i portatori di Covid vanno contegiati e non solo quelli che hanno sintomi gravi, per il solo fatto che seppur asintomatici possono contagiare, specie negli ospedali. Per questo anche se entrano con un braccio rotto, ma sono portatori sani, non vanno assolutamente mischiati con gli altri malati, se non si vogliono creare focolai negli ospedali.

Il genio di Bassetti farebbe quindi bene a starsi zitto e dire che gioco sta facendo lui, e tutti quelli che gli hanno dato tutta questa importanza. La verità è che il Covid in Italia sta cavalcando di nuovo, ma non lo si vuole ammettere per ragioni innanzitutto economiche. Così eliminando i dati si elimina anche il problema. Peccato che però i malati non sono dei numeri che se non dati sanano per magia.

Ma vallo a spiegare a quelli che sostengono che sia solo un’influenza. Forse lo diventerà, ma ancora non lo è. Quindi nel frattempo vacciniamoci (per abbassare la possibilità di ammalarci e di andare ad affollare reparti o peggio le terapie intensive, così da impedire a chi ha avuto un infarto o vittima di un incidente la possibilità di essere curato).

Certo ammettiamo che il discorso del Green Pass è stato sbagliato. Si doveva dire vaccinatevi ma continuate a proteggervi. Invece si sono dannati l’anima esaltando i poteri magici del Green Pass. Poteri che ovviamente non ha e non poteva avere perchè questi vaccini sono utili innanzitutto per impedire un’evoluzione grave della malattia, ma non impediscono di contrarre il virus seppur limitando la sua contagiosità.

Purtroppo chi si nutre di complotti e complottismo non riesce ad accettare la complessità del discorso. Eppure sarebbe così semplice. Semplice come ammettere che la scienza rimane la soluzione migliore in campo medico, seppur come tutti sanno la medicina non è una scienza perfetta. Ma meglio essa che affidarsi ad un mago o a un cretino che tratta la questione con idee risibili, irrazionali, non fondate scientificamente.

Naturalmente di teorie ce ne sono quante volete, ma un’idea va validata con i dati. Ed è certo che i vaccini hanno abbassato la mortalità. Purtroppo però siamo di fronte ad un nemico ostico a farsi ingabbiare perchè muta, come normale nella sua natura di virus.

Per ora abbiamo tentato la strada dei vaccini e risultati ne abbiamo ottenuti. Però se le cose continuano a mettersi male, rimarrà solo una cosa da fare. Convivere con le mascerine nei luoghi affollati e investire tantissimo nella sanità pubblica, costruendo nuove strutture e assumendo più medici e infermieri.

Ecco questo è stato il secondo errore di questo governo (il primo è stata la cattiva comunicazione sul green pass). Si è preferito puntare ciecamente tutto sui vaccini e ora vogliono risolvere il problema mettendo la sporcizia sotto il tappeto. Ma non funziona così caro Bassetti. Non funziona così. La realtà prevale sempre sulle strategie meramente comunicative o peggio manipolatorie.

Dostoevskij e il senso della vita

Oggi è chiaro che Dostoevskij non fosse solo uno straordinario scrittore, ma un vero e proprio filosofo, ovvero che nonostante la polifonia dei suoi romanzi, anzi proprio grazie ad essa, egli avesse in sé un nucleo forte di pensiero.

Un pensiero attualissimo aggiungeremo, che profetizzò i rischi del futuro immanente, come quel Nietzsche tanto diverso negli esiti, eppure tanto simile nell’analisi dell’uomo moderno.

Sarebbe troppo semplice ricordare come Dostoevskij, avesse sentito con grande anticipo il rischio di società iperazionalizzate, ovvero le società totalitarie, condannandone i pericoli, prima ancora che esse fossero realisticamente e politicamente possibili. Ma evidentemente già ne scorgeva il germe quando ne “Le memorie dal sottosuolo” esponeva l’utopia del “palazzo di cristallo” o del “formicaio”, cioè di un modello di società finita per sempre.

Ciò per Dostoevskij era tuttavia una mera utopia, perché l’uomo è un essere infinito, libero e indefinibile. Quindi ogni tentativo di fermare la storia o meglio di superarla, per poi sclerotizzare un sistema necessario, non poteva che essere un fallimento o peggio un pericolo gravissimo, che avrebbe irreparabilmente danneggiato il nucleo più intimo di ogni uomo e di ogni popolo, con le sue culture e le proprie specificità, ovvero contraddizioni interne.

Ma la condanna di Dostoevskij non fu semplicemente politica. La sua era una visione molto più radicale, che riguardava l’essenza autentica di ogni uomo. Dostoevskij riconosceva che l’uomo moderno avesse perso il Senso della propria esistenza dopo la perdita della fede in Dio. Ciò valeva per la verità soprattutto per i ceti più colti, per l’intellighenzia, ma il virus rischiava dall’alto di contagiare tutto il corpo sociale.

Come sappiamo il pensatore che prima di ogni altro ha saputo accogliere l’annuncio della “morte di Dio” fu Nietzsche nella “Gaia Scienza”. Morto Dio l’uomo ha cercato di rispondere a questo terremoto epocale o attraverso le leggi della ragione, ovvero mediante il positivismo che era una evoluzione dell’epoca illuministica, o al contrario mediante l’oscurantismo, il dogmatismo o correnti irrazionalistiche di varia natura.

Dostoevskij era naturalmente acerrimo oppositore di entrambi questi filoni. Perché i primi non potevano che portare o allo scetticismo o al meccanicismo, e i secondi avevano la pretesa di inglobare attraverso atti regressivi astorici la natura per definizione infinita dell’uomo.

In realtà queste tendenze non sono che meri momenti di una dialettica oscillante tra la messa in discussione e la ritrovata verità. Tra il peccato e la redenzione. Entrambi sono necessari e solo attraverso di essi l’uomo davvero vive. Per Dostoevskij ogni altra soluzione o è illusoria o peggio pericolosa mortalmente perché rischia di perdere l’uomo. Noi riaffermiamo il nostro Io più autentico proprio nell’atto della ricerca.

Tuttavia, l’uomo può sempre rifiutare quest’assunzione di libertà, perché troppo gravosa e stancante. E per questo si insinuano ideologie riposanti o anche terrorifiche, come quella del Grande Inquisitore. Ai cui antipodi però sta il Cristo e il suo insegnamento.

Per Cristo il senso della vita sta nel donarsi e nell’amore per il prossimo. Viceversa, il male sta nel chiudersi in sé stessi e vedere gli altri solo come nemici o competitori, un po’ come avviene nel regno animale, il regno della necessità per antonomasia, dove vince il più forte, in una battaglia senza fine. Il regno di Cristo invece è quello dell’amore come atto di libertà, perchè disinteressato e quindi divino per antonomasia.

Per concludere, Dostoevskij è stato certamente uno dei più grandi narratori di ogni tempo. Oggi sembra probabilmente inattuale il suo cristianesimo ortodosso, ma non è per niente ingenuo. Il lumicino del suo pensiero infatti continua a illuminare la galassia di noi scettici moderni. E’ vero che siamo liberi. Ma siamo sicuri di esserlo veramente. Di stare dando un senso alle nostre vite? O siamo chiusi nel formicaio?

Dedicato a chi sta distruggendo il pianeta

E’ possibile dire che la responsabilità sociale della distruzione del nostro Pianeta e quindi dell’uomo che ci vive, sia da imputare maggiormente alla classe dei produttori, un tempo chiamati capitalisti, che fregandosene del tutto delle pessime conseguenze della ricerca del profitto a tutti i costi, stanno inondando il pianeta di plastica e l’atmosfera di CO2? Perchè scusate a me non mi convine affatto che la colpa sia da imputare ai singoli consumatori.

Infatti per quanto un singolo consumatore stia attento, non potrà mai incidere sull’inquinamento come un grande industriale? O sbaglio? Purtroppo questa maledetta classe capitalista sta dominando non solo l’economia, ma anche la politica e i media (veramente servi del potere).

Per questo quando sento parlare di responsabilità individuale mi girano. Responsabilità individuale dei poveri cristi che a malappena sbarcano il lunario, sfruttati e mal pagati a cui viene fatto il lavaggio del cervello 24 ore al giorno? No scusate ma a una classe capitalistica che sta distruggendo il pianeta io non riesco a riconoscere il primato morale di indicare dove l’umanità deve andare.

Per questo la gente farebbe meglio a risvegliarsi, prima che sia troppo tardi. Per il Pianeta, e per noi stessi, che vi abitiamo per quel po’ di anni che ci è concesso vivere.

P.S. Fino a quando si penserà che movimenti come i 5S o i Fratelli del Duce, siano la soluzione significherà che non abbiamo capito un bel niente…Questi sono solo movimenti populistici o peggio regressivi che distolgono dal creare una vera alternativa, in cui confluiscano tutte le forze sociali sfruttate. Ma fino a quando il lavoratore non capirà che i nemici non sono gli immigrati, la magistratura, o in generale la politica, non andremo da nessuna parte.

La realtà è che la questione vera è il lavoro, i salari e le condizioni di sfruttamento, oltre che la distribuzione del reddito e naturalmente la sostenibilità dello sviluppo economico. Per questo ci vorrebbe una coalizione rosso-verde internazionale che riesca finalmente a condizionare le politiche dell’UE, sin ora dominate pesantemente dal liberismo unito all’austerity (insomma il peggio del peggio).

Solidarietà a Mimmo Lucano

Una cosa va detta. Innanzitutto esprimiamo solidarietà a Mimmo Lucano, per la terribile mannaia che gli è calata addosso. Però il punto è anche un altro. Ormai in Italia circola un vento molto ostile nei confronti della magistratura che si dice che vada riformata. Probabilmente è vero. Ma bisognerebbe capire come. Non vorrei che eventi come questi vengano utilizzati con la finalità di strumentalizzare la tragedia personale di un uomo e di una comunità che crede nell’accoglienza e in un mondo più giusto. Il problema ripeto, più che la magistratura è la Legge Bossi Fini che va assolutamente cambiata.

Questa legge razzista che regola i respingimenti, da troppo potere discrezionale al giudice. Infatti come riportato oggi dal Manifesto: <<Il favoreggiamento è disciplinato dall’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione. Il suo impianto viene stabilito nel 1998 dalla Turco-Napolitano. Quattro anni dopo la Bossi-Fini aumenta le pene, specifica le aggravanti ed estende l’applicazione agli attraversamenti dei confini verso altri Stati.>><<LA NORMA PUNISCE chi in violazione del testo unico «promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso». Le pene vanno da uno a cinque anni, ma un’ampia gamma di circostanze porta la reclusione da cinque a quindici. Nell’articolo il profitto non è inteso come un elemento costitutivo del reato, ma come un’aggravante. Per questo anche condotte che non hanno un fine economico possono esserne comprese.

«Il reato non è costruito solo contro i trafficanti di esseri umani, ma anche per combattere chi aiuta i migranti lungo le frontiere». <<II testo prevede una «scriminante umanitaria», cioè esclude dalle condotte sanzionabili quelle di assistenza e soccorso, ma queste vanno di volta in volta provate. Il giudice può riconoscerle oppure no, pur nell’assenza manifesta di qualsiasi profitto>>.Perciò «la norma è scritta in modo da permettere le decisioni più disparate. Per la stessa condotta puoi diventare un eroe o essere condannato a 13 anni di carcere».Per questo andrebbe cambiata la Legge che costituisce l’appiglio giuridico con il quale si è colpito Lucano. Una legge troppo pesante, troppo rigida e al contempo ambigua.

Sul resto dei reati contestati invece che vanno addirittura al Peculato, cioè all’appriazione indebita di soldi pubblici, mi viene davvero difficile crederlo, ma bisognerebbe leggere le carte.La mia impressione a pelle invece è quella di un Lucano poco attento alle procedure burocratiche che ha agito un po’ troppo liberamente ma a fin di bene. Su questo però va detto che viviamo in uno Stato di diritto, e certe ritualità giuridiche purtroppo non si possono ignorare.

Ma non si può nemmeno ignorare che si è resa così rigida la nostra impalcatura giuridica che chiunque voglia fare cose buone per il benessere collettivo si trova con le mani legate, a meno che non si arrischi in territori extralegali molto pericolosi. A Lucano va comunque la solidarietà umana di tutti in virtù di un modello elogiato nel mondo come esempio di accoglienza e di integrazione di popoli. Ricordando che esiste comunque un secondo grado di giudizio, che potrebbe ribaltare la sentenza. E ci si augura tutti che così avvenga! In ogni modo il giudizio politico sul suo operato non può cambiare. Le sentenze giudicano il rispetto delle leggi, ma un giudizio etico lo da per fortuna la storia, e le due cose non sempre collimano.

Sul disastro delle carceri italiane

Ieri, 14 luglio, CCXXXIII anniversario della presa della Bastiglia, Mario Draghi, insieme alla guardasigilli, Marta Cantabria, visita il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Succede dopo i video shock che mostrano la mattanza che la polizia penitenziaria ha compiuto nei confronti di duecento detenuti.

Il Gip per la verità aveva già emesso il 28 giugno, 52 misure cautelari, per la <<perquisizione>> del padiglione Nilo, dove il 5 aprile del 2020 i detenuti erano insorti in seguito all’emersione di un caso Covid, chiedendo maggiori misure di prevenzione nei loro confronti (mascherine, disinfettanti).

Il giorno dopo però parte quella che verrà raccontata come una perquisizione accurata del padiglione, ma che in seguito all’esposto del garante dei detenuti della Campania, Samuele Ciambrello (sulla base di video dei detenuti stessi), assumerà carattere inquietante. Fu più che una perquisizione, invece una vera mattanza, che si provò ad insabbiare anche grazie all’intervento di Fullone (provveditore delle carceri della Campania), allo scopo di giustificare ex post le violenze, alterando i video di sorveglianza, producendo prove, inducendo a credere che i detenuti abbiano opposto resistenza, quando di fatto ciò non successe.

Fullone avrebbe insomma depistato le indagini. Ma non è il solo dirigente chiamato a rispondere di reati gravissimi (falso ideologico, depistaggio, favoreggiamento, frode). Con lui infatti appaiono tra gli indagati Gaetano Manganelli (comandante del carcere) e Pasquale Colucci (comandante del nucleo chiamato a ristabilire l’ordine). Questi due finiscono addirittura ai domiciliari, come registi dell’avvenuto, mentre Fullone è stato semplicemente per il momento interdetto dai pubblici uffici.

Ma in totale sono 52 le misure cautelari, con 8 arresti in carcere e 18 ai domiciliari, per reati gravissimi, tra i quali tortura e lesioni pluriaggravate. Infatti, come emerge dai video di sorveglianza i detenuti furono picchiati selvaggiamente e seviziati da agenti in assetto antisommossa e con i manganelli, senza nessun motivo plausibile. Persino un detenuto in sedia a rotelle è stato picchiato. E il 4 maggio uno dei detenuti interessati dalle torture si è tolto la vita, in seguito probabilmente al gravissimo choc subito.

Inoltre, molti detenuti finirono in isolamento e gli altri non ricevettero nessuna cura medica.

Tutto ciò mentre il ministro della giustizia Bonafede, non si capisce quanto in buona fede, dichiarava che si era trattato di una <<doverosa azione di ripristino della legalità>>.

Quel matacchione di Bonefede verrebbe da dire. Fu evidentemente informato male, come anche nella questione del Giudice Di Matteo, prima nominato per il Dap e poi senza nessuna motivazione sostituito da Petralia, non certo un nome di spicco. Strana coincidenza che le rivolte nelle carceri si siano svolte in concomitanza con la questione di chi dovesse dirigere il Dap (ufficio di giustizia importantissimo, e di vertice, per quanto riguarda l’organizzazione del sistema carcerario e del 41-bis).

Sta di fatto che qualcosa è sfuggito e oggi Draghi ha scelto di metterci la faccia, insieme alla nuova guardasigilli. Tuttavia il discorso del Premier sembra abbastanza striminzito, stitico, non si è insomma andati oltre alla generica solidarietà e ad una fumosa deresponsabilizzazione degli individui coinvolti, adducendo che il problema è sistemico. Scusate ma la mattanza sarà stata ordinata o meno? Sarà stata eseguita o no? Ecco mi pare un’azione davvero sistematica ma unilaterale, cioè della polizia penitenziaria, che dovrebbe assicurare l’ordine, e persino, sic!, la sicurezza dei carcerati!

Allora la responsabilità sta tutta da una parte ed è di chi in quel momento stava rappresentando lo Stato. Per questo Draghi avrebbe solo dovuto chiedere scusa e dire che avrebbe fatto tutto il possibile perché ciò non si ripetesse. Lui invece con la Cartabia ha parlato genericamente di riformare la giustizia.

Allora mi viene il sospetto che gli stesse a cuore più che il discorso dei detenuti, il tema dei processi e di come ridurne la durata. Ma questa è una dinamica che interessa i colletti bianchi, non certo un detenuto in carcere per direttissima, con scarsissimi mezzi a disposizione per difendersi in sede processuale.

Un’altra critica poi la porrei al sistema informativo italiano e persino alla società civile. Infatti, al contrario di quanto è avvenuto in America con l’omicidio di George Floyd, e il movimento dei “Black lives matter”, non si è creato nessun movimento di protesta, nessuna inchiesta, nessun tentativo di un’indagine sistemica su quello che è successo. Forse perché il fatto è molto politico, forse perché mancano gli attori capaci di contestualizzarlo e analizzarlo, forse perché la società italiana è in stato lisergico, depressivo, menefreghista, incazzato, e non riesce a veder oltre il guscio di casa.

Invece caro Draghi, da te ci si potrebbe aspettare di più che le solite frasi misurate, fredde, inutili. Facendo così è normale che ti viene il sospetto che si sia fatta una mera passerella, per svelenire il clima da una parte, ma anche per disinformare circa la verità di quel che veramente è accaduto, con lo Stato che similarmente a Genova nel 2001 è diventato torturatore, proprio come quei regimi che tanto critichiamo giustamente, Egitto, Turchia, Cina, Russia…

Nessuno ricorda che abbiamo avuto ben 12 decessi accertati in seguito alle rivolte di marzo 2020 nelle carceri. Ma chi ha gettato la scintilla non si sa. Così come non si sa perché proprio in quei giorni la nomina di Di Matteo decadde. Coincidenze? O qualche mafioso al 41-bis, non era contento della nomina e ha spinto perché le carceri diventassero un inferno con il pretesto del Covid.

Non mi sembra impossibile ipotizzare ciò, ma peccato che sui media nessuno abbia avanzato ipotesi o congetture a tal proposito. Al contrario sembra che siamo bloccati in una narrazione della realtà lineare, abulica, stitica che apparerebbe sintetica ma che è il suo contrario: frammentaria, caotica, piena di elementi inutili che distolgono l’attenzione dai fatti veramente importanti.

P.S. Dimenticavo forza azzurri! Siamo campioni d’Europa!

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Bugie

Mentre una macchina industriale

Pulisce la mia mente

Con oscure e spigolose melodie

Loro si riuniscono e ridono alle nostre spalle

E firmano trattati segreti

e sono così sfacciatamente soddisfatti

dei loro misteriosi piani,

No, Non lo sa nessuno

Perché noi crediamo

Si, noi crediamo

Siamo stati così imbevuti di bugie

Che ora non sappiamo neppure chi siamo

Schiacciati tra il Papa e il Denaro,

viviamo puzzolenti come cimici

e non lo riconosciamo!

No, non lo riconosciamo!

E ci facciamo la guerra,

stupide galline e galli testosteronici,

accecati dal Potere,

pensiamo di contare,

Perché noi crediamo

Si, noi crediamo

Le potenze ci hanno schiacciato

Controllano le nostre menti

Controllano con messaggi subliminali

e tecniche avanzatissime, le nostre menti.

Mentre al centro il cervello fuma

giacendo spappolato

come uno scarafaggio tanto odiato,

Perché noi crediamo

Si, noi crediamo

E mortificando il nostro orgoglio con le bugie,

ci hanno resi vittime e complici

con incendi e genocidi…

E hanno distrutto l’aria e l’acqua,       

E ci hanno corrotti

coinvolgendoci nei loro oscuri piani,

di schiavitù e sfruttamento.

Ma noi ancora crediamo,

Si, noi,

follemente, crediamo!

Post Polemico

Non mi piace che prima ci hanno reclusi in casa, isolati e terrorizzati e ora invece ci sia un liberi tutti, con nemmeno il 50% della popolazione vaccinata e con la temibile variante Delta in azione sul nostro territorio, associata ad un graduale ma inesorabile aumento dei contagi.

Non mi piace nemmeno vedere il rigorismo di Speranza essere buttato così facilmente nella spazzatura, come il pesce andato a male nel periodo estivo, perché mi sa di presa per i fondelli, giustificato dalle necessità dell’economia del turismo (quando basterebbe essere semplicemente più cauti, aperture si, ma con regole e sobrietà, insomma qualità, non turismo di massa, e l’Italia potrebbe permetterselo e come!)

Non mi piace nemmeno vedere Draghi dare del dittatore ad Erdogan e poi tacere completamente sull’uccisione terribile di Regeni e sulla ignobile reclusione di Patrik Zaki! In Italia si sta facendo una battaglia sui diritti civili, ma sembra che nei confronti di dittatori feroci quali al-Sisi ci sia una certa reverenza. Dittatori che non solo non rispettano i diritti degli omosessuali, dei transgender, ma che usano la tortura e la reclusione illegale contro chiunque più semplicemente voglia essere libero di esprimere le proprie idee.

Non mi piace nemmeno che in Italia sono quasi due anni che i ragazzi e i bambini, non sono potuti andare regolarmente a scuola, mentre in occasione della vittoria degli Europei di Calcio si siano permessi ogni tipo di assembramenti, con addirittura un pullman aperto della nazionale passeggiare, come se nulla fosse, per le vie di Roma attorniato da folle bibliche, in un clima di reale di follia collettiva. Ma le autorità dov’erano? Io ricordo ancora le scene del marzo dell’anno scorso con gente che faceva footing sulla spiaggia ed era inseguito con gli elicotteri della polizia…

Ma non mi piace, anche, e soprattutto, che per il totem dell’economia che impone un clima di ottimismo diffuso per far ripartire i consumi ci si stia rifuggiando nell’irrazionalismo più becero, dando aria ai vari negazionismi, alle varie destre, e di fatto annullando il discorso su tematiche serie e ormai improrogabili, quali sono quelle del sistema produttivo e la tutela del lavoratore, che da questa epidemia ne sta uscendo con le ossa rotte: sempre meno diritti, sempre più flessibilità, sempre meno lavoro e in compenso un pianeta sempre più inquinato, in cui sta scoppiando una bolla ecologica a causa delle plastiche, ormai presenti in ogni organismo vivente (con esiti imprevedibili) e la bomba climatica.

Perché se tutti parlano di competitività e di riconversione ecologica qualcosa non mi quadra. E temo solo una cosa, che come al solito, almeno dagli ultimi 30 anni a questa parte, chi la pagherà cara saranno i più deboli socialmente, gli scarti del sistema, in una visione darwiniana riassumibile dalla visione del “keynesiano” liberale Draghi, secondo cui lo Stato deve aiutare i vari settori economici ma, da buon stato giardiniere, non incentivare i rami secchi. Ebbene spero proprio che nessuno di noi si trovi su uno di questi rami: superflui, inessenziali, inutili…

Un bisogno necessario

Posso vedere un uomo soffrire

E non patire?

Posso vederlo annegare nelle sue lacrime

E non porgergli un fazzoletto per asciugare il suo mare?

Posso vedere un uomo mandare giù un boccone crudele

E non dargli almeno un dolcino?

Può un figlio veder la madre

E non legarsela al petto

Nell’atto di morire?

No. Questo non è possibile.

Egli è colui che inocula la compassione.

Egli è colui che gronda di amore

Egli è colui che sa tutto, giudica e spaventa.

Non un sospiro, senza che non sappia

Non un’ingiustizia senza che Lui non si accigli

Non un sospiro, senza che non senta.

E allora Dio, perché al mondo muoiono i bambini?

E allora perché al mondo ci sono così tante malattie

Da colmare gli oceani?

Perché gli innocenti annegano,

e i crudeli gioiscono?

No dio, tu non ci sei…

No dio, tu non sei un vero Dio.

Eppure senza di te, chi si invocherebbe

nelle notti nere da non prender sonno?

Chi si pregherebbe per chiedere conforto?

Nell’uomo, no, non di certo!

Siamo zattere senza vele verso un orizzonte

Che non abbiamo scelto,

lanciate alle deriva,

tra le spume del tempo

Senza volto, come il tuo,

che svanisci quando c’è più bisogno,

illusione

necessaria…

Se si può licenziare con un’email…

Mentre mezza Italia festeggia la vittoria degli azzurri agli Europei di calcio, c’è una minoranza (o forse più, chi lo sa) che ha altro a cui pensare. Tra di essi ci sono sicuramente i 422 lavoratori della Gkn di Firenze (più altri centinaia dell’indotto), azienda addetta alla produzione di semi-assi per l’industria automobilistica, che sono stati licenziati con una semplice email. La motivazione sembra essere semplice e al contempo non plausibile: dato l’andazzo della domanda, la Merlose, il gruppo finanziario che gestisce l’azienza, non può più tenere aperto lo stabilimento. Quindi ragioni economiche.

Il fatto non è causale, che sia avvenuto, nella prima decade di luglio. Infatti, il 30 del mese scorso il Governo ha sbloccato l’interdizione ai licenziamenti per mere ragioni economiche nel settore della meccanica (mantenendolo nel tessile). Questo potrebbe essere il triste prologo, di una stagione in cui ci sarà poco da gioire per centinaia di migliaia di lavoratori, che potrebbero perdere la loro occupazione, per mere speculazioni finanziarie, mascherate con la motivazione degli esuberi.

Infatti, questi licenziamenti giungono proprio nel momento in cui l’industria automobilistica stava dando chiari segnali di ripresa, denotando come la Merlose voglia mascherare, col pretesto della crisi del Covid, una mera delocazione produttiva, vale a dire, produrre, in Slovenia ad esempio, dove i diritti e il costo del lavoro, cioè la tutela del lavoratore, sono molto più bassi che qui in Italia.

Purtroppo, ora, al contrario, si parlerà sui media per settimane della vittoria degli azzurri, dimenticando chi invece in questo momento ha tutt’altro per la testa. Già ora infatti si parla della grande capacità di fare squadra, e dell’importanza del leder (il CT Mancini, che viene associato più o meno esplicitamente a Mario Draghi), denotando questo bisogno da una parte organicistico, di sopprimere il dissenso (dei singoli, o dei cattivi partiti) in grazia dell’interesse nazionale (o economico, ma di chi?); dall’altro questa voglia di un capo che magicamente se lasciato lavorare possa risolvere ogni problema.

Non so, tutto ciò puzza un po’ di fascismo. Infatti, una visione organicistica e corporativa della società era propria di quel modello, così come il conformismo e il culto dell’autorità. Si sa purtroppo per quella strada dove siamo arrivati. Ad un Paese chiuso, razzista, povero, distrutto.

A me, la via borghese della ricerca del benessere, ha sempre inquietato, speriamo che accanto al male dell’autoritarismo si attivino gli anticorpi democratici, ma al momento mi appare più semplice un’uscita netta dal Covid (impresa a dir poco ardua), che cambiare questo andazzo generale (non solo italiano, seppur l’Italia sembra essere la nazione occidentale, più esposta a tale male).

Ma va detto che una riproposizione del fascismo in senso letterale sembra abbastanza irripetibile per il momento. Come una malattia che assume varie forme a seconda dell’età del soggetto; però l’attenzione va tenuta alta, prima che come al solito non sia troppo tardi, e il contagio locale, non si scarichi in una vera e propria pandemia, dalle forme prevedibili (tutele assenti per il lavoratore, stato repressivo, società del controllo, negazione del dissenso come irricevibile a prescindere, morte e distruzione dell’ambiente e degli scarti umani, ovvero di coloro che non rientrano nel disegno totalitario, ovvero gli scarsamente produttivi, i nemici oggettivi, dunque).

Facciamo dunque attenzione! Informazionecritica.com vigilerà!

Vertigo Blu, come la musica può renderci liberi

Brevissima introduzione

Vertigo Blu è la quarta tracks di Metallo non metallo, il secondo disco dei Bluvertigo, uscito nel 1997.

L’album secondo la rivista Rolling Stone Italia è posto alla posizione numero 93, per i dischi più belli di sempre.

[Testo tratto da un mio commento su un noto social]

1. Ma musicalmente quanto erano avanti, o indietro (in senso acritico), comunque fuori dal coro, Morgan e i Bluvertigo… Certo Vertigo Blu sembra la classica canzone di ribellione adolescenziale, ma devo dire che sprigiona un’energia notevole! E belle soluzioni sonore!

Se ci si fa caso, l’onnivoro, musicalmente parlando, Morgan riesce a inserire nella track persino i Red Hot Chili Peppers della fase funk con le schitarrate di Hillel Slovak e il primo Frusciante, e un basso martellante alla Flee, in cui, il nostro Morgan, Marco Castoldi, sembra tramutarsi per un attimo. Niente male. Testo e musica poi si fondono alla perfezione, interessante inoltre il richiamo, a sganciarsi dalle solite abitudini, da una vita banale in ottica libertaria e liberatoria, fattori fondamentali per ogni artista moderno, che non sembra troppo lontano dall’oracolo di Delphi, <<conosci te stesso>>.

2. In questo senso però la conoscenza avviene attraverso il rock, il piacere, l’estasi, attraverso una rimodulazione dei valori, in chiave pressoché Nietzschiana, quindi moderna! Il dionisiaco irrompe nella modernità e la mette in discussione, preparando quel nichilismo del fare e dell’essere tanto divulgato dal filosofo di Röcken. Ecco che quindi dietro un testo apparentemente banale, si celano mondi lontanissimi e persino tradizioni filosofiche!

2.1 Perché io credo non al contenuto dell’arte, ma alla sua forma e all’energia che riesce a liberare, in ottica catartica e di purificazione, per accendersi e accederte non al regno dei cieli, ma alla vera vita, attraverso una fiammata, che scacci via tutte le zavorre inutili che la società ci appiccica, per la nostra mancanza di attenzione o di disciplina.

3. Ho conosciuto uomini rimasti allo stato neonatale, ma molti meno, arrivati alla saggezza, che poi non è altro che una forma evoluta di ingenuità, o meglio di stupore per il mondo! Non certo saccenteria, tipica di molti maestri di vita…I veri maestri non insegnano nulla, stimolano, pungono, spingono quando va spinto…diffidiamo dai maestri di idee e di dogmatiche, dietro ognuno di essi c’è il possibile fondatore di una nuova setta. Per questo io dico:

<<Oh, vertigoblu, prova la vertigine che ti stimola di più

Oh, vertigoblu, il suono è mille brividi

E l’esistenza comincia ora a prendere forma>>

E questa secondo me deve essere la funzione dell’arte. Farci staccare dai soliti modelli reazionari, per trovare chi siamo e dove vogliamo andare!

Promesse

Dio, perché mi hai fatto questo

Non ho vissuto seguendo i tuoi principi?

Perché allora sto ribollendo da ore di rabbia e rancore

Se sono sempre stato sempre sul cammino dei giusti

Forse che non sono stato all’altezza delle tue aspettative?

Dio, penso che tu mi debba delle scuse

Perché mi hai fatto illudere anche questa volta

Che almeno l’ultimo giorno saresti venuto…

Almeno oggi che è il mio compleanno di morte…

E’ possibile che avesse ragione invece questo mondo così osceno

Eppure, io ho creduto alla tua falsa bontà,

al tuo misero amore,

e ho seguito le tue leggi con abdicazione.

Allora perché mi hai abbandonato anche questa volta

Ora che sto perdendo le ultime penne

Non fare a pezzi anche questo sogno

Non farmi piangere anche questa volta,

lacrime di veleno,

fammi solo credere almeno nell’ultimo istante che ci sei.

Ma i giusti ora ridono di me

E se la spassano alle mie spalle,

Perché lo fanno,

ora che non mi rimane più niente?

Ho lasciato tutto,

e ho seguito le tue prediche da prete di campagna:

umiltà e amore;

Ma ora mi trovo tutto solo

E tu non ci sei

E loro ridono

E non so perchè

Perché mi hai abbandonato

Almeno oggi che è il grande giorno,

dimmi chi sei,

dammi un regalo.

Mentre i corvi si cibano di me

Allevia il mio dolore lancinante,

il mio fegato si sta spappolando…

Eh io che credevo alle tue promesse,

ora che sono alla fine, non credo più a niente!

Condannato a morte

Mi sto rigirando nel mio letto spoglio e solitario

quando inizia a rintoccare la campana del tempo,

tutti dormono, solo io sono sveglio.

E ripenso alla mia vita passata

Ora che non ho più tempo:

la clessidra scorre sempre più lentamente,

ora che nulla può più cambiare…

Un prete calvo e un diavolo gentiluomo

mi osservano oltre il muro della vita

per darmi l’estrema unzione

e guardo attraverso loro tutti i miei sbagli,

ma cosa ha fatto il mondo per redimermi una persona migliore?

Si, il mondo è stato molto crudele con me,

ma io non lo sono stato da meno.

E’ impossibile calmarmi,

mi sta vincendo il panico

datemi qualcosa, forse pregare mi potrà calmare:

è veramente la fine,

o un attacco di follia?

Non riesco a smettere di urlare nella mia testa,

e i pensieri sono ammassati,

così che il mio corpo si tende come uno spillo, pronto a scattare.

Le lacrime scorrono veloci e impotenti,

sui miei rimpianti,

forse avrei potuto fare di meglio,

ma dopotutto non sarebbe cambiato molto:

non credo che sia veramente la fine,

e che la vita sia solo un’allucinazione,

perché se ci fosse stato Dio,

mi avrebbe dato un’altra occasione.

Così mentre cammino,

per il sentiero solitario,

gli Angeli mi guardano come corvi,

e mi ricordano austeri,

che finalmente sto andando a vedere la verità.

E il mondo mi assorbirà,

sì, tra le piaghe della sua impurità…

Te

Mentre vedo Te come un albatros

su un cielo superiore e distante

Mi scuso per tutto il tempo sprecato

in stupide illusioni…

Intanto che il ghiaccio si scioglie in lacrime

Man mano che all’orizzonte il sole sorge

mi sento lontano mondi lontanissimi…

Insidie occulte mi fanno persistere,

a pezzi come

cocci di bottiglie

che tu hai provato a raccogliere e aggiustare…

Mentre agognavo a qualcosa di meglio

Per questa breve vita

Ora bramo solo alla mia mera sopravvivenza corporale,

è proprio vero che la libertà è una chimerica illusione?

Eh la lentezza mi ha ucciso tutti gli amori più profondi;

Se solo avessi capito dapprincipio

Molte cose forse sarebbero andate diversamente,

sperando che almeno i ricordi restino vivi

per tutta la vita e anche oltre…

E vengo da te, parlando con una cartolina,

chissà dove, chissà quando…

Cercando di immaginare i tuoi sogni da bambina

In quegli occhi così dolci e luminosi

al di sopra del Tutto,

laddove la luce non cesserà mai

di esistere, come te,

mamma…

La spirale

Mi sono fatto a pezzi lentamente

Io mi sono stracciato la pelle di dosso,

Io incredibile coglione.

Ho voluto provare il fondo,

Una buca più profonda della tua vulva,

Che mi ha risucchiato,

come un verme insaziabile.

E ora che non ci sei più

E’ emersa la tua terribile bugia

E ora che sono solo e tu non ci sei

E miei fantasmi si sono fatti di carne e ossa

Proprio ora che io sto scomparendo.

No, io non credo neppure a Dio

Ma è un bene che questa terribile bugia sia finita

Così hai dimostrato tutta la tua ipocrisia

Ora che stai dando carne e latte al tuo nuovo giocattolo d’amore.

Ero davvero io il traditore?

Tu che mi hai lasciato inerme

Nel periodo più osceno della mia vita.

Per favore Dio fa che tu esista

E scaccia questa stupida idea

Dalle mie orbite vuote

Come quel centro della tua voragine

che risucchia tutto il mio universo.

Abbandonatemi, torre di controllo:

Sto precipitando…

(Prima del risveglio)

Come una fenice uscita viva dal proprio incendio

Quando penso a come

Ero un un pulcino spoglio

Nel labirinto della mia immaginazione

Un sorriso tenue e di argilla

Si forma nei miei occhi

Lo so che non si può sfuggire al giuoco delle parti

Lo so che ogni fiume ha il suo mare

E ogni affluente cerca un compagno

Per conoscere questo mare

Io so solo che l’acqua verdastra

Colpisce le mie pupille

E da queste nasce il sole

Le stelle stanno sopra di me

E mi guardano con compassione

Vorrei per una volta seguire

Il tragitto della ragione

Ma aquile che volano a stormi

Mi becchettano il viso

Lasciandomi ferito

In un lago di sangue

Allora mi rimbocco le mani

Bevo alla sorgente celeste

E invoco l’Universo

Ed esso, vecchio vegliardo,

mi redarguisce

<<Che ci fai solo e soletto

Sotto questo albero che non è il tuo

Apri gli occhi

Guarda la luna

Essa è sempre serena

E anche quando dei nembi

La circuiscono

Essa lascia fare

Consapevole dell’inconsistenza degli umori

Per questo stendi le ali

Lascia il nido

Abbandona il tuo sorriso d’argilla

E fa di te quel che sei

Una fenice che è uscita viva dal proprio incendio>>

Come un angelo

Quella sera ho scelto l’eternità fissandoti negli occhi

Come angeli caduti nella grande città siamo comparsi

Nuotando nel fuoco

Un lampo mi ha attratto a te

E sotto le luci dei lampioni

Navigavamo come argonauti in cerca della nostra isola deserta

Siamo diventati siamesi quella notte

Una ragazza dagli occhi di ghiaccio

Che mi fissava come se non ci fosse nulla da capire

Da quella scatola che si scuoteva

Ballavamo al ritmo di una macchina di acciaio

Ma chi ha inventato che questo sia peccato

Io gridavo: è sempre così?

Poi lentamente risalgo le scale per la mia stanza

Sto camminando come nell’aria

Non può essere certo succeduto per davvero

Ma i suoi occhi erano lì a ricordarmelo

Ora potrei pure morire

Ora che ho scoperto anch’io di essere

Come un angelo

Ma è possibile che sia già finito?

E’ mai possibile?

Il canto di Piccarda (III Canto del Paradiso, parafrasi e similitudini con il sacrificio morale di Socrate)

Quel sole (Beatrice) che per la prima volta mi aveva scaldato il petto di amore

Mi aveva svelato la bellezza della verità (sulla composizione della Luna)

Dimostrando e confutando, il dolce aspetto di essa (perché la verità è dolce e bella allo sguardo)

E io alzai il capo in maniera pudica e umile

Per confessare di essermi ricreduto

Quando mi apparve una visione

Che mi costrinse

A tacitarmi.

Come attraverso i vetri trasparenti e tersi,

o per le acque nitide e tranquille,

non troppo profonde

si restituiscono ai nostri visi sembianze

così deboli, che sembra impossibile distinguere alle nostre pupille

una perla da una bianca fronte;

così vidi io tante facce pronte a parlare

che io corsi l’errore contrario di quello di Narciso

che specchiandosi pensava di vedere un’altra persona

quando in realtà non vedeva altri che sé stesso.

Così mi volsi per capire chi ci fosse dietro di me,

ma non vidi nulla, e mi rigirai verso Beatrice,

che sorridendo fece ardere gli occhi santi.

<<Non meravigliarti che io sorrido,

del tuo pensiero puerile,

perché esso non si fonda sulla verità, in quanto

si basa semplicemente sulle illusioni date dai sensi:

sono vere sostanze quelle che vedi,

relegate qui per una mancanza nel loro voto.

Ma parla con loro così capirai

Che la luce della verità che le sazia

Non le lascia turbate e insoddisfatte>>.

E io all’ombra che mi sembrava più vogliosa di parlare,

mi drizzai, e cominciai,

con quell’esitazione propria dell’uomo che dalla troppa voglia si confonde:

<<Spirito beato, che sei esposto alla dolcezza dei raggi della vita eterna,

che non può essere compresa, per chi non l’ha sperimentata,

ti sarei grato se mi dicessi chi sei e mi raccontassi della tua storia.>>

<<La nostra benevolenza>>, rispose ella, <<non chiude le porte

A chi ha un giusto desiderio, come d’altra parte

Fa quella divina.

Io nel mondo fui una suora,

e se provi a ricordarti, il fatto che io sia ora più bella,

non ti dovrebbe celare chi fui sulla Terra,

e riconoscerai in me Piccarda,

che abito con gli altri beati di qui,

sulla Luna, la sfera più lenta.

I nostri sentimenti sono infiammati

dal piacer dello Spirito Santo,

e si letiziano conformandosi al suo comando.

E questa sorte, che sembra essere così bassa,

ci è stata data, perché furono rotti i nostri voti, in parte mancando ad essi.>>

Quindi io a lei: << Nel vostro mirabile aspetto

risplende un non so che di divino

che vi trasmuta rispetto a come vi ricordavo,

infatti non mi sono ricordato subito di voi

ma ora mi aiuta ciò che mi stai dicendo

così che rimembrarti ora mi è più facile.

Ma dimmi, voi che state qui,

desiderereste vivere in un luogo più elevato,

per vedere meglio la luce di Dio e per stargli più vicino?>>

Lei allora un po’ sorrise con gli altri spiriti luminosi,

al che mi rispose molto lieta, tanto smagliante che sembrava ardere

dello Spirito Santo.>>

<<Fratello, la virtù di carità quieta e conforma la nostra volontà,

e ci fa volere solo quello che abbiamo, e non bramiamo altro.

Se fossimo superbe, perché vorremmo di più di quel che abbiamo,

i nostri desideri sarebbero discordi, da volere di colui che qui legifera e scerne;

cosa impossibile in questi cerchi,

dato che qui è necessario vivere in carità,

se ci rifletti bene e capisci cosa significa.

Anzi è essenziale a questa esistenza beata,

vivere nella volontà divina, tanto che le nostre svariate voglie

devono diventare una soltanto;

così che il fatto che siamo divisi in varie soglie,

a tutto il regno piace, come al Re che il suo volere ci invoglia.

E la sua volontà è la nostra pace,

lui è quel mare verso il quale ogni cosa si muove,

uomo (diretta creazione di Dio) e natura (che si genera da sé da iniziale emanazione divina).

Allora mi fu chiaro come ogni luogo in cielo è paradiso,

anche se la grazia di Dio non piove ovunque allo stesso modo.

Ma come avviene per colui che si sazia di un cibo, ma ne

È affamato ancora di un altro,

che di uno si chiede e di un altro si ringrazia,

così feci io con atto e con parola:

<<Quale fu la tela non tessuta sino in fondo

(cioè il voto non compiuto)?>>, le chiesi.

Ed ella a me: <<Perfetta vita e alto merito ha posto una donna più su (Chiara D’Assisi)

Alla cui regola nel vostro mondo ci si veste e vela,

perché si rimanga fedeli sino alla morte a quello sposo

che accetta ogni voto conforme al principio di carità.

Dal mondo per seguirla giovinetta

fuggì, e nel suo abito mi chiusi,

e promisi la vita al suo ordine.

Uomini poi, avvezzi più al male che a buoni costumi,

mi rapirono dal chiostro:

E solo Dio sa poi che vita feci.

E quest’altro splendore che si mostra alla mia destra

E che sembra ardere di tutta la luce del nostro cielo

comprende bene la mia storia;

lei fu suora ma le tolsero violentemente il velo.

Così riportata al mondo

Contro la sua volontà

E contro ogni morale,

non si distaccò mai dentro di sé dalle sacre bende.

Questo è lo spirito di Costanza che generò

Dal secondo vento di soave (Federico Barbarossa)

L’ultimo imperatore di Svevia (Federico Secondo).>>

E detto ciò cantando Ave Maria, iniziò a scomparire

Come fa un peso che viene immerso in acqua profonda.

Io inizialmente provai a rincorrerla con lo sguardo,

ma poi perdendola mi voltai verso l’origine

del mio maggior desiderio, così che la mia attenzione

fu tutta rivolta a Beatrice;

ma quella sfolgorava così tanto

che non riuscì a guardarla, così dovetti rimandare

la domanda che mi stava tanto a cuore in quel momento.

Riflessioni:

Il canto delle donne, da Beatrice a Piccarda, in cui Dante delinea gli spiriti beati della luna, ovvero coloro che non ebbero la beatitudine completa perchè mancarono un un voto, non per loro volere, ma per la malvagità altrui. Meraviogliosa a mio parere l’umiltà e l’accettazione della propria sorte di queste beate, che pur non avendo mancato di nulla devono pagare colpe non loro. Esse accettano la loro posizione in cielo, senza invidia per chi ha la possibilità di essere più vicino a Dio. Emerge la visione eistenzialista e politica di Dante, in cui le leggi di Dio non si discutono. Un po’ come fece Socrate quando decise di avvelenarsi nonostante fosse innocenete. Ma dato che le leggi della sua comunità erano quelle e le leggi erano il collante che rendevano possibile la comunità egli rifiuta di fuggire, per adempiere al sacrificio morale. Sembra quasi la morte di Cristo, seppur avvenuta qualche centinaio di anni prima…quante similitidini tra il mondo greco socratico e la figura del Cristo, aveva forse ragione Nietzsche quando faceva terminare l’età aurea dei greci coi presocratici, nella sua battaglia tutta personale, e non solo, contro il Cristianesimo. Comunque volenti o nolenti aveva colto in quella fase della storia greca, l’epoca precristiana (si pensi anche all’importanza di Platone e Aristotele in ottica teologica), che forse favorì l’avvento della nuova religione, la deve più alla filosofia greca che non all’ebraismo in senso stretto…

L’ospitalità di Erdogan al popolo siriano

Come si sa la Turchia ospita ben 2,5 milioni di profughi siriani, fuggiti dal Paese dopo la sanguinosa guerra civile scoppiata nel 2011, in seguito alle proteste contro il regime di Assad.

Inizialmente il Governo di Ankara si era dimostrato ben disposto all’accoglienza, e ciò per una serie di motivi. Da una parte infatti sperava in una risoluzione celere del conflitto con un reinserimento dei Siriani nei loro territori abbastanza veloce. Affiancando così all’aiuto umanitario, un disegno panarabo, nemmeno così nascosto di Erdogan. Dall’altro, la chiusura delle frontiere europee, il prolungarsi del conflitto dopo l’intervento di Mosca nel 2016 a difesa di Assad, ha provocato un “ristagno” dei profughi sul territorio turco, favorendo anche il disappunto delle popolazioni locali, che hanno messo sotto pressione il presidente, sentendosi minacciati a livello di sicurezza e nel mercato del lavoro. Erdogan da parte sua, non ha faticato molto, demagogicamente, a cambiare il suo orientamento politico. Sfruttando inoltre la chiusura europea a suo favore, chiedendo benefit politici ed economici, anche personali, affinchè la Turchia non aprisse le frontiere all’invasione siriana.

Il presidende della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan

Ma per ottenere tale risultato Erdogan, ha dovuto muoversi in maniera schizofrenica con provvedimenti a dir poco ambigui ed arbitrari.

Infatti da un lato ha favorito l’iniziativa privata, soprattutto in una prima fase, dei Siriani. Consentendone di fatto l’insediamento. Dall’altro ha via via inasprito le politiche di accoglienza, dando la cittadinanza solo a quei Siriani ritenuti utili, o perché altamente qualificati, o perché validi strumenti nella lotta politica informale nei paesi in cui la Turchia è coinvolta in conflitti più o meno espliciti (Siria, Libano, Iraq).

Ciò ovviamente ha escluso dai diritti di cittadinanza la gran parte dei siriani “ospiti” temporanei, che possono lavorare solo tramite un permesso difficile da ottenere, così da doversi muovere nella zona grigia dell’economia informale, cioè senza la tutela di nessuna legislazione lavorativa.

Inoltre sempre come forma di deterrenza all’immigrazione Erdogan ha fatto erigere a partire dal 2016, un muro presso i confini meridionali e orientali turchi, con soldati armati e pronti al fuoco.

Se tali misure possano bastare a contenere lo spostamento di milioni di persone sembra dubbio, ma soprattutto è certo che gli unici che ci perdono solamente, sono le vittime, quelle che andrebbero tutelate e che invece nessuno ricorda.

L’Europa da parte sua si dimostra ancora una volta potenza ipocrita, che pur di “tutelare” i propri confini ricorre a mezzi moralmente dubbi, rinforzando leader chiaramente antidemocratici, ed esponendosi ai loro ricatti. Ma non è certo una novità il ricorso a mezzi sporchi per ottenere dei benefit in politica estera. Il problema è che se nell’immediato questi possono giungere, a lungo termine si dimostrano solo delle toppe nel mare. Pronte a scoppiare, in nuovi conflitti e in nuove ondate migratorie sempre più potenti, che solo regimi sempre più autoritari potranno contenere.

Ursula Von der Leyen, presidente Commissione Europea

Regimi autoritari che tra l’altro in un’azione di contagio di ritorno potrebbero ulteriorimente invelenire il clima europeo, favorendo a loro volta l’insorgenza di partiti xenofobi e razzisti, sprezzanti della democrazia e della tutela dei diritti umani. A discapito questa volta della stessa democrazia europea, che pur rimanendo saldamente ancorata a principi democratici, sembra essersi già spostata francamente a destra, come dimostrato dalle politiche migratorie adottate a livello comunitario e dai singoli stati membri.

Al di là quindi delle belle dichiarazioni di principio, c’è poco da essere ottimisti circa il futuro che ci attende, sul rispetto dei diritti umani ed universali.

Il Mondo Nuovo di Chico (California) come raccontato da Naomi Klein

Naomi Klein, che ha fatto della lotta alla globalizzazione selvaggia il suo principale cavallo di battaglia, negli ultimi anni sta incentrando i suoi reportage sui danni disastrosi che il nostro sistema economico apporta alla civiltà umana, mediante effetti catastrofici sul clima che si implementano ad una politica cinica e avida, dove il guadagno e la speculazione, hanno il sopravvento sulla compassione e la solidarietà umana.

A tal proposito nell’articolo che sto andando a commentare, apparso tradotto su “Internazionale” del 4 Giugno 2021, intitolato Distopia climatica a Chico, la grande divulgatrice canadese, esemplifica la propria visione su un possibile futuro che ci attende, qualora non si faccia nulla per interrompere la cascata dei cambiamenti climatici, e soprattutto, dato che essi sono già una realtà, non si cambi modo di fare politica ed essere comunità.

Chico è una città della California del Nord (una delle zone maggiormente esposta in seguito all’aumento della temperatura globale a maggiori siccità in associazione ad altissimo rischio incendiario), della Sacramento Valley, il cui destino sembra paradossale. Infatti, è passata in nemmeno tre anni ad essere epicentro della solidarietà (creazione di aree di accoglienza, pasti gratuiti e tende, residenti locali che aprirono le loro casa a dei perfetti sconosciuti) a centro della crudeltà e della repressione civile ed economica, nei confronti di quei senza tetto generati in gran numero dal più grande incendio che si ricordi nella vicina città di Paradise.

Naomi Klein

“Da una coperta di amore” ad una brutale repressione

Mark Stemen, professore di geografia dell’università di Chico, aveva definito così, il modo in cui gli abitanti di Chico avevano accolto gli sfollati, utilizzando questa metafora per amplificare sia il concetto di accoglienza (quelle coperte utilizzate per ristorare gli sfollati infreddoliti e spaventati), che quel mezzo utilizzato per soffocare le fiamme.

Purtroppo, questo impeto solidaristico iniziale, senza l’appoggio di politiche attive e finanziamenti federali, non è durato a lungo. Infatti, la politica locale, non è riuscita ad attuare dei piani per la creazione di nuove strutture popolari, accessibili anche ai ceti meno abbienti, anche a causa di una bolla immobiliare, che in seguito agli incendi, attraverso l’aumento della domanda, ha provocato una crescita esponenziale dei prezzi.

A ciò si aggiunge l’immigrazione di pensionati e lavoratori da San Francisco a Chico, una meta “tranquilla” dove ristorarsi o alleviare lo stress della vita nella grande città, che ha stimolato i costruttori locali a incentrare la loro attività sulla costruzione di immobili di lusso, in un momento in cui le residenze popolari sarebbero state indispensabili, per accogliere i profughi climatici più poveri (i ricchi grazie alle maggiori risorse ovviamente si erano levati piuttosto velocemente dall’indigenza), ma anche i senza tetto locali in crescita esponenziale, in seguito anche alla crisi economica provocata intanto dal Covid.

Il virus purtroppo non ha fatto altro che agire da moltiplicatore delle disuguaglianze e delle sofferenze preesistenti, incattivendo il clima.

Ciò anche in contemporanea al cambio di amministrazione che da democratica è passata a repubblicana. Infatti, in seguito ad essa, sono aumentati gli sgomberi dei senza fissa dimora, in un giuoco crudele, in cui i senza tetto di fatto sono perseguitati, non trovando altra soluzione alla loro condizione che quella di spostarsi da uno sgombero all’altro.

Inoltre, la loro situazione è peggiorata dall’atteggiamento intransigente della popolazione locale che non tollera il fatto che tra essi ci siano molti “rifiuti” umani. Gente con gravi tossicodipendenze, “diffusori” di malattie attraverso l’uso delle siringhe e persone affette da psicosi. Ma non sarebbe il caso di occuparsene, aumentando i servizi sociali, piuttosto che scacciarli, per dove, non si sa, attraverso i metodi violenti di una polizia, finanziata invece a pioggia dall’amministrazione Trump?

Ecco, la storia di Chico…

homeless

Così si è passati da una iniziale e spontanea accoglienza all’indifferenza dei “buoni” e alla violenta ostilità dei “meno empatici”. La storia di questa comunità è molto importante, perché può esemplificare cosa succede, qualora non ci sia una strategia politica volta all’accoglimento dei profughi climatici e dei soccombenti ad un sistema economico sempre più intollerante verso i cosiddetti anormali.

Infatti, se lo Stato si disinteressa delle dinamiche dell’accoglienza, scaricandole sulle comunità locali, che quasi sempre hanno scarse risorse e sono facilmente influenzabili da piccoli o grandi interessi, l’integrazione dei migranti climatici (purtroppo si stima che in futuro saranno sempre di più) o economici, o semplicemente degli esclusi, anche locali, non potrà che fallire, in una spirale che condurrà a dinamiche di disumanizzazione, e di disagio, dall’altra parte, che amplificando il conflitto, non potranno che peggiorare la sicurezza dei più.

Senza tener conto che una società civile, se vuole rispettare la vita umana, come sancito dalle innumerevoli costituzioni e convenzioni sui diritti umani, non può derubricare la questione della dignità sociale, come scarsamente interessante, ma al contrario essa è il cardine che deve tenere unite tutte le varie componenti della società, soprattutto in un’epoca liquida, in cui le strutture sociali sono molto indebolite e a passare da una parte all’altra della scala sociale basta poco.

Per tali ragioni, speriamo davvero in un rientro dello Stato non come mero arbitro della sicurezza nazionale, ma come attore principale nelle dinamiche economiche, nume tutelare dell’interesse generale, e non di meri interessi di parte, che rischiano non solo di danneggiare il tutto, disintegrando le innumerevoli conquiste sociali ottenute nel corso del ‘900. Per non parlare delle sfide climatiche che esso, in sinergia con gli altri stati della comunità internazionale, deve affrontare, sfide che oramai sono improrogabili per evitare nuove crisi, sempre più gravi, rendendo allora di fatto, non più governabile la situazione. E allora forse sarà davvero troppo tardi, e non si potrà che limitare i danni.

Ma questo futuro fosco, è già ora?

Paradaise of fire

Per la festa delle donne

Oggi è una giornata speciale. Una giornata da celebrare. Una giornata che deve spingere alla riflessione. Oggi è la Festa delle Donna. L’8 marzo. Un giorno di festa, l’inizio della primavera, le mimose, il sole che inizia a farsi spazio tra le nubi. La bella stagione si avvicina.

Ma se la natura festeggia, il cielo è tutt’altro che sgombro, per quella parità di genere che ancora nonostante gli enormi progressi fatti nel campo dei diritti civili, è lontana dall’essere realizzata.

Tutti i dati a nostra disposizione sottolineano che le donne sono più istruite, conseguono risultati migliori rispetto agli uomini in ogni scuola di ordine e grado ma sono lungi dall’avere retribuzioni paragonabili, e medesime opportunità di carriera.

Certo nelle fasce più alte della società le donne stanno iniziando ad imporsi per competenza, capacità di leadership, e determinazione. Eppure, c’è una realtà più complessa che merita di essere sviscerata, una zona d’ombra fatta di iniquità, di repressione e persino di violenza.

Purtroppo, sono all’ordine del giorno quelli che da qualche anno vengono denominati femminicidi. Ricordo con chiarezza che almeno sino ai primi anni del nuovo millennio gli assassini di uomini su donne erano considerati raptus, quasi a scagionare la malevolenza di atti ignobili e criminali.

Perché purtroppo va detta tutta la verità, di irrazionale c’è davvero poco: c’è al contrario il calcolo di porre fine ad un’esistenza, di sfregiare, di coercere, di reprimere la libertà di autodeterminazione, di isolare, di terrorizzare, di schiavizzare attraverso minacce, attraverso svilimenti, attraverso umiliazioni e vessazioni.

Ma come si può arrivare a tutto ciò? Come possono molti uomini concepire tale progetto?

Certo, è difficile entrare nella mente umana, le ragioni psicologiche e culturali possono essere molteplici, ma non costituiscono un’attenuante, perché ogni essere umano ha sempre di fronte a sé la libertà di scegliere. Sono rarissimi gli atti inconsulti dettati da patologie che distorcono la capacità volitiva. Allora il problema è un altro.

Il problema è la volontà di fare del male a qualcosa che viene percepito come proprio, come oggetto, come proprietà, di cui liberamente disporre. Le motivazioni sono quindi culturali e psicologiche, ma su tutte regna una scelta sadica: quella di nuocere, di reprimere, di sopprimere prima psicologicamente e poi nei casi più efferati, fisicamente, quelle donne che non ci stanno, che cercano un futuro migliore, per sé e per magari per i propri figli. Quindi non c’è ragione che tenga, questi uomini vanno puniti severamente, senza attenuanti… E pur tuttavia non si può sottacere la possibilità di opere di prevenzione: l’istruzione, l’educazione sentimentale per i più giovani, che deve partire dalle famiglie per finire nelle scuole e in ogni centro di aggregazione istituzionale e non solo.

In un mondo che invece va in un’altra direzione. La pornografia ormai fruibile anche ai più giovani, le pubblicità più o meno subliminali che pongono la donna semplicemente come corpo appetibile, il clima di odio e di violenza veicolato dai social verso tutto ciò che viene percepito come debole e inerme.

Si deve quindi fare molto di più nel campo della formazione. Le donne vanno rese sempre più consapevoli di quei segnali premonitori di violenza da parte di uomini che dicono (ma nemmeno sempre) di amarle (distorcendo chiaramente il significato di amore) creando dei punti di ascolto davvero efficaci, per un sostegno, spesso difficile da ottenere, spesso difficile da chiedere: a causa della vergogna, a causa dell’insicurezza provocata da questi uomini violenti, a causa della solitudine; in una società in cui i legami sono sempre più sfilacciati, in una società poco propensa alla solidarietà, in una società spesso indifferente.

A volte basta poco. Leggere negli occhi. Prestare ascolto. Chiedere sinceramente. Le donne sanno nascondere la propria sofferenza. Sono forti. Ma non sempre possono farcela da sole. A volte la sfida è troppo ardua per le loro forze.

Per questo muoviamoci. Sentiamoci tutti più responsabili. Noi uomini, noi donne. Noi tutti insieme. Per un mondo più giusto, per un mondo più equo, per un mondo dove davvero regni l’amore.