Il canto di Piccarda (III Canto del Paradiso, parafrasi e similitudini con il sacrificio morale di Socrate)

Quel sole (Beatrice) che per la prima volta mi aveva scaldato il petto di amore

Mi aveva svelato la bellezza della verità (sulla composizione della Luna)

Dimostrando e confutando, il dolce aspetto di essa (perché la verità è dolce e bella allo sguardo)

E io alzai il capo in maniera pudica e umile

Per confessare di essermi ricreduto

Quando mi apparve una visione

Che mi costrinse

A tacitarmi.

Come attraverso i vetri trasparenti e tersi,

o per le acque nitide e tranquille,

non troppo profonde

si restituiscono ai nostri visi sembianze

così deboli, che sembra impossibile distinguere alle nostre pupille

una perla da una bianca fronte;

così vidi io tante facce pronte a parlare

che io corsi l’errore contrario di quello di Narciso

che specchiandosi pensava di vedere un’altra persona

quando in realtà non vedeva altri che sé stesso.

Così mi volsi per capire chi ci fosse dietro di me,

ma non vidi nulla, e mi rigirai verso Beatrice,

che sorridendo fece ardere gli occhi santi.

<<Non meravigliarti che io sorrido,

del tuo pensiero puerile,

perché esso non si fonda sulla verità, in quanto

si basa semplicemente sulle illusioni date dai sensi:

sono vere sostanze quelle che vedi,

relegate qui per una mancanza nel loro voto.

Ma parla con loro così capirai

Che la luce della verità che le sazia

Non le lascia turbate e insoddisfatte>>.

E io all’ombra che mi sembrava più vogliosa di parlare,

mi drizzai, e cominciai,

con quell’esitazione propria dell’uomo che dalla troppa voglia si confonde:

<<Spirito beato, che sei esposto alla dolcezza dei raggi della vita eterna,

che non può essere compresa, per chi non l’ha sperimentata,

ti sarei grato se mi dicessi chi sei e mi raccontassi della tua storia.>>

<<La nostra benevolenza>>, rispose ella, <<non chiude le porte

A chi ha un giusto desiderio, come d’altra parte

Fa quella divina.

Io nel mondo fui una suora,

e se provi a ricordarti, il fatto che io sia ora più bella,

non ti dovrebbe celare chi fui sulla Terra,

e riconoscerai in me Piccarda,

che abito con gli altri beati di qui,

sulla Luna, la sfera più lenta.

I nostri sentimenti sono infiammati

dal piacer dello Spirito Santo,

e si letiziano conformandosi al suo comando.

E questa sorte, che sembra essere così bassa,

ci è stata data, perché furono rotti i nostri voti, in parte mancando ad essi.>>

Quindi io a lei: << Nel vostro mirabile aspetto

risplende un non so che di divino

che vi trasmuta rispetto a come vi ricordavo,

infatti non mi sono ricordato subito di voi

ma ora mi aiuta ciò che mi stai dicendo

così che rimembrarti ora mi è più facile.

Ma dimmi, voi che state qui,

desiderereste vivere in un luogo più elevato,

per vedere meglio la luce di Dio e per stargli più vicino?>>

Lei allora un po’ sorrise con gli altri spiriti luminosi,

al che mi rispose molto lieta, tanto smagliante che sembrava ardere

dello Spirito Santo.>>

<<Fratello, la virtù di carità quieta e conforma la nostra volontà,

e ci fa volere solo quello che abbiamo, e non bramiamo altro.

Se fossimo superbe, perché vorremmo di più di quel che abbiamo,

i nostri desideri sarebbero discordi, da volere di colui che qui legifera e scerne;

cosa impossibile in questi cerchi,

dato che qui è necessario vivere in carità,

se ci rifletti bene e capisci cosa significa.

Anzi è essenziale a questa esistenza beata,

vivere nella volontà divina, tanto che le nostre svariate voglie

devono diventare una soltanto;

così che il fatto che siamo divisi in varie soglie,

a tutto il regno piace, come al Re che il suo volere ci invoglia.

E la sua volontà è la nostra pace,

lui è quel mare verso il quale ogni cosa si muove,

uomo (diretta creazione di Dio) e natura (che si genera da sé da iniziale emanazione divina).

Allora mi fu chiaro come ogni luogo in cielo è paradiso,

anche se la grazia di Dio non piove ovunque allo stesso modo.

Ma come avviene per colui che si sazia di un cibo, ma ne

È affamato ancora di un altro,

che di uno si chiede e di un altro si ringrazia,

così feci io con atto e con parola:

<<Quale fu la tela non tessuta sino in fondo

(cioè il voto non compiuto)?>>, le chiesi.

Ed ella a me: <<Perfetta vita e alto merito ha posto una donna più su (Chiara D’Assisi)

Alla cui regola nel vostro mondo ci si veste e vela,

perché si rimanga fedeli sino alla morte a quello sposo

che accetta ogni voto conforme al principio di carità.

Dal mondo per seguirla giovinetta

fuggì, e nel suo abito mi chiusi,

e promisi la vita al suo ordine.

Uomini poi, avvezzi più al male che a buoni costumi,

mi rapirono dal chiostro:

E solo Dio sa poi che vita feci.

E quest’altro splendore che si mostra alla mia destra

E che sembra ardere di tutta la luce del nostro cielo

comprende bene la mia storia;

lei fu suora ma le tolsero violentemente il velo.

Così riportata al mondo

Contro la sua volontà

E contro ogni morale,

non si distaccò mai dentro di sé dalle sacre bende.

Questo è lo spirito di Costanza che generò

Dal secondo vento di soave (Federico Barbarossa)

L’ultimo imperatore di Svevia (Federico Secondo).>>

E detto ciò cantando Ave Maria, iniziò a scomparire

Come fa un peso che viene immerso in acqua profonda.

Io inizialmente provai a rincorrerla con lo sguardo,

ma poi perdendola mi voltai verso l’origine

del mio maggior desiderio, così che la mia attenzione

fu tutta rivolta a Beatrice;

ma quella sfolgorava così tanto

che non riuscì a guardarla, così dovetti rimandare

la domanda che mi stava tanto a cuore in quel momento.

Riflessioni:

Il canto delle donne, da Beatrice a Piccarda, in cui Dante delinea gli spiriti beati della luna, ovvero coloro che non ebbero la beatitudine completa perchè mancarono un un voto, non per loro volere, ma per la malvagità altrui. Meraviogliosa a mio parere l’umiltà e l’accettazione della propria sorte di queste beate, che pur non avendo mancato di nulla devono pagare colpe non loro. Esse accettano la loro posizione in cielo, senza invidia per chi ha la possibilità di essere più vicino a Dio. Emerge la visione eistenzialista e politica di Dante, in cui le leggi di Dio non si discutono. Un po’ come fece Socrate quando decise di avvelenarsi nonostante fosse innocenete. Ma dato che le leggi della sua comunità erano quelle e le leggi erano il collante che rendevano possibile la comunità egli rifiuta di fuggire, per adempiere al sacrificio morale. Sembra quasi la morte di Cristo, seppur avvenuta qualche centinaio di anni prima…quante similitidini tra il mondo greco socratico e la figura del Cristo, aveva forse ragione Nietzsche quando faceva terminare l’età aurea dei greci coi presocratici, nella sua battaglia tutta personale, e non solo, contro il Cristianesimo. Comunque volenti o nolenti aveva colto in quella fase della storia greca, l’epoca precristiana (si pensi anche all’importanza di Platone e Aristotele in ottica teologica), che forse favorì l’avvento della nuova religione, la deve più alla filosofia greca che non all’ebraismo in senso stretto…

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