E’ straordinario come il gelo dei The Cure riesca in poche note a traghettareci nelle lande oscure del nostro io più profondo. Non credo alla musica allegra e spensierata e nemmeno a quella impegnata. La musica è qualcosa che deve trascendere la misera banalità del presente o la superficiale allegria. Per questo Beethoven scrisse alla Luna e non al sole. La luce distrugge la profondità e appiattisce le esistenze. Fa sembrare tutto regolare e piano, una bidimensionalità che solo la musica notturna riesce a disintegrare con le proprie trame oscure.
Non a caso dei generi teatrali il superiorie è la tragedia, perchè ci riallaccia alla nostra vera essenza, il legame con una realtà noumenica che si compone di forze al di là del bene e del male. Dionisio era un Dio oscuro, le feste in suo onore si celebravano la notte. Era l’ombra che si contrapponeva alla luce portata da Apollo. Ma ciò che si vede il giorno è solo una copia sbiadita della vita. Una bella rappresentazione certo per le anime semplici, ma un ostacolo per chi è intento a rompere il velo di Maya, per conoscere il terribile volto dell’esistenza. Così oscura, così tetra, ma terribilmente forte e vera, come questa musica dei The Cure.
I The Cure dell’82 erano un gruppo mostruoso. Di fatto si sono inventati uno stile, un modo di fare musica che prima non esisteva affatto se non nei Joy Division, con cui crearono il genere dark, una sorta di deviazione del post punk, una corrente musicale che aveva la pretesa di fare arte e non solo intrattenimento. In questo i primi the Cure sono stati sicuramente tra i precursori. I loro testi decadenti, le trame musicali ossessive e tragiche entrano nell’ascoltatore e lo ribaltano in realtà sommerse di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza.
In particolare mi preme ricordare Siamese Twins (tratta dell’album Pornography), una ballata straordinaria che come in una danza macabra narra di un amore morboso e totale destinato tuttavia ad essere sconfitto. Infatti esiste solo il nulla e la dissoluzione di ogni cosa autentica. In questo quadro l’amore vero non può che essere un evento straordinario che compare come una saetta nella notte, illuminando il buio dell’esistenza, ma incapace di cristallizzarsi in qualcosa di duraturo.
Vertigo Blu è la quarta tracks di Metallo non metallo, il secondo disco dei Bluvertigo, uscito nel 1997.
L’album secondo la rivista Rolling Stone Italia è posto alla posizione numero 93, per i dischi più belli di sempre.
[Testo tratto da un mio commento su un noto social]
1. Ma musicalmente quanto erano avanti, o indietro (in senso acritico), comunque fuori dal coro, Morgan e i Bluvertigo… Certo Vertigo Blu sembra la classica canzone di ribellione adolescenziale, ma devo dire che sprigiona un’energia notevole! E belle soluzioni sonore!
Se ci si fa caso, l’onnivoro, musicalmente parlando, Morgan riesce a inserire nella track persino i Red Hot Chili Peppers della fase funk con le schitarrate di Hillel Slovak e il primo Frusciante, e un basso martellante alla Flee, in cui, il nostro Morgan, Marco Castoldi, sembra tramutarsi per un attimo. Niente male. Testo e musica poi si fondono alla perfezione, interessante inoltre il richiamo, a sganciarsi dalle solite abitudini, da una vita banale in ottica libertaria e liberatoria, fattori fondamentali per ogni artista moderno, che non sembra troppo lontano dall’oracolo di Delphi, <<conosci te stesso>>.
2. In questo senso però la conoscenza avviene attraverso il rock, il piacere, l’estasi, attraverso una rimodulazione dei valori, in chiave pressoché Nietzschiana, quindi moderna! Il dionisiaco irrompe nella modernità e la mette in discussione, preparando quel nichilismo del fare e dell’essere tanto divulgato dal filosofo di Röcken. Ecco che quindi dietro un testo apparentemente banale, si celano mondi lontanissimi e persino tradizioni filosofiche!
2.1 Perché io credo non al contenuto dell’arte, ma alla sua forma e all’energia che riesce a liberare, in ottica catartica e di purificazione, per accendersi e accederte non al regno dei cieli, ma alla vera vita, attraverso una fiammata, che scacci via tutte le zavorre inutili che la società ci appiccica, per la nostra mancanza di attenzione o di disciplina.
3. Ho conosciuto uomini rimasti allo stato neonatale, ma molti meno, arrivati alla saggezza, che poi non è altro che una forma evoluta di ingenuità, o meglio di stupore per il mondo! Non certo saccenteria, tipica di molti maestri di vita…I veri maestri non insegnano nulla, stimolano, pungono, spingono quando va spinto…diffidiamo dai maestri di idee e di dogmatiche, dietro ognuno di essi c’è il possibile fondatore di una nuova setta. Per questo io dico:
<<Oh, vertigoblu, prova la vertigine che ti stimola di più
Oh, vertigoblu, il suono è mille brividi
E l’esistenza comincia ora a prendere forma>>
E questa secondo me deve essere la funzione dell’arte. Farci staccare dai soliti modelli reazionari, per trovare chi siamo e dove vogliamo andare!
Il 18 Maggio di questo tristissimo 2021, anno dominato dal Covid e da una crisi economica e sociale senza precedenti dal dopoguerra, viene a mancare il più grande, il Maestro, Franco Battiato.
Ci sarebbe tantissimo da dire e tantissimo si scriverà, giustamente e speriamo a proposito! Perché la sua opera pop e d’avanguardia fu immensa, così come le sue acute riflessioni sull’attualità e le preghiere laiche, che ci invocano, a tendere verso l’assoluto, contro la becera superficialità materiale dagli ultimi 35 anni, sviluppatasi dopo quella miracolosa ventata libertaria pop che si sviluppò coi Beatles negli anni ’60, per dominare tutti i ’70 e parte dei nichilisti Ottanta.
Battiato ’70
Battiato fu uomo del suo tempo, e sempre coerente con i punti più alti della cultura nella quale si formò (unì come nessuno l’avanguardia degli anni 70 con il clima di contestazione sociale e politica unendoli, in una ricerca assoluta della verità, al di là delle apparenze). Per questo fu un artista eclettico, punto di incontro tra un cantaurato atipico, per tematiche trattate (non si limitò mai a parlare solo d’amore, passioni umane, o politica e contestazionei, ma si occupò anche e soprattutto di spiritualità), e per stile musicale, originalissimo , svariante tra avanguardia elettronica continentale e il tradizionalismo della musica italiana d’autore, con sconfinamenti in melodie sinfoniche e classiche.
Cosa impressionante già solo a pensarci! Come diavolo fece Battiato, a diffondere certe tematiche (associato ad uno stile musicale così ardito) iniziatiche, ad un grande pubblico, fatto di milioni di persone?! Lui ci riuscì, con apparente facilità, scrivendo dei tormentoni che non ti si schiodano più dalla mente: “Cerco un centro di verità”, “Cuccuruccuccù”, “Voglio Vederti Danzare”. Musica semplice ma perfetta, innovativa, coraggiosa ma “facilmente orecchiabile”; dal ritmo, dallo stile e dalla forma, originalissima.
Battiato infatti si nutrì nel corso degli anni degli insegnamenti delle avanguardie europee (poi anche della classica sinfonica), mentre che parallelamente, sul piano più propriamente intellettuale e spirituale , andò maturando un pensiero profondo e originalissimo, grazie alll’incontro con grandi esoteristi, grandi maestri spirituali, più o meno conosciuti, filosofi (su tutti andrebbe ricorfdato Mario Sgalambro, che scrisse la maggior parte dei suoi testi da metà anni 90 in poi), riuscìendo infine, perchè geniale, a miscellare nelle sue tracce saperi accademici o iniziatici, stili musicali e linguistici, variegatissimi ,ma con congruenza e coerenza sempre estrema, “Battiatesca”, direi. Perché davvero unica nel suo genere.
Vediamo ad esempio “Voglio Vederti Danzare”, hit da discoteca (incredibile che riuscì a far ballare i ragazzi su certi argomenti, soprattutto alla luce di cosa è la musica pop oggi), del 1982. Ecco il testo, con il relativo commento, che mi propongo con grande rispetto ed umiltà di proporre, per esemplificare alcuni passaggi non propriamente “popolari”, nonostanti i temi trattati lo siano!
Voglio vederti danzare Come le zingare del deserto Con candelabri in testa
O come le balinesi nei giorni di festa
Balinese nelle sue vesti tradizionali
La danza delle nomadi del deserto, che lui chiama zingare, era la danza del ventre, che consiste nel tenere immobile la parte superiore del corpo (immobilità ovviamente obbligata dal fardello da mantenere in equilibrio sul capo), mentre il bacino si muove in modo sinuoso: per accentuare la staticità della testa, le danzatrici vi poggiano un pesante candelabro (evidentemente tale gesto antichissimo, di portare oggetti sul capo da parte delle donne, presente anche nelle nostre tradizioni contadine, dona un portamento, che già di per sé è una danza; tradizione o necessità che sia, comunque deve aver certamente ispirato, la formazione, di questi movimenti, veramente popolari, perchè originatesi “spontaneamente”), metafora della luce che scaccia via le forze delle tenebre. Questa era una danza antichissima del mondo arabo, praticata nei cortei nuziali, le cui origini si perdono nel fluire del tempo, dove la luce (cioè la ragione, ma anche il sapere, l’amore e la gioia, Dio) avrebbe dovuto illuminare il cammino della futura sposa e della nuova coppia, nel mondo sino allora per essi sconosciuto.
Le Balinesi, sono invece le abitanti del Bali, isola dell’Arcipelago Indonesiano, peculiare per cultura, rispetto alla più grande Indonesia. Le balinesi <<nei giorni di festa>> si vestono di colori sgargianti, con panni morbidi e portano a passo di danza, doni alle divinità (
Voglio vederti danzare Come i dervishes turners che girano Sulle spine dorsali O al suono di cavigliere del Katakali
<<Dervisci che girano>>
Il ballo praticato dai monaci asceti, definti darwīsh, letteralmente «poveri», è una danza turbinante ed è un mezzo usato, una tecnica, per raggiungere l’estasi mistica (jadhb, fanāʾ), all’interno di un complesso rituale chiamato samà. In quanto rito iniziatico necessita di un insegnamento speciale che prevede una lunga preparazione. La danza roteante non viene pubblicamente eseguita in forma completa ma in certe tekkè (luoghi di raduno delle confraternite) in quanto non è uno spettacolo, o un rituale aperto alla collettività, ma un rito iniziatico, un cammino spirituale, in cui attraverso i movimenti del corpo si raggiungono estremi di esaltazione mistica. La tecnica consiste nell’accelerazione dei movimenti roteanti, ma al contempo impedisce all’organismo di collassare. Attraverso tale equilibrio, che all’inizio non potrà che essere breve, si raggiunge un equilibrio completo tra il centro (si veda il riferimento ad un’altra sua celebre canzone) “intellettivo” e quello “emozionale”, entrando così in comunione con Dio. Il fine ultimo di queste danze è di rendere questo stato permanente (cit. <<cerco un centro di gravità permanente>>), la “Comunione con Allah”. Un approccio simile è rintracciabile nelle danze sacre indiane, come ad esempio il Kathakali. Questa è una combinazione diteatro, danza, musica, rituali, in cui gli attori, per prepararsi devono adoperare delle tecniche di concentrazione e abilità fisica, tramite un addestramento basato sulla Kalaripayattu, ovvero un antica arte marziale del Kerala, che incorpora calci, prese, sequenze coreografiche e armi.
Teatro danza del Kathakali
E gira tutto intorno alla stanza mentre si danza, danza E gira tutto intorno alla stanza mentre si danza
E Radio Tirana trasmette Musiche balcaniche mentre Danzatori bulgari A piedi nudi sui bracieri ardenti
Radio Tirana
Nell’Irlanda del Nord Nelle balere estive Coppie di anziani che ballano Al ritmo di sette ottavi
Balera estiva
Dopo il citazionismo antropologico delle prime strofe, Battiato passa in Occidente in epoca praticamente contemporanea (dopo l’infinito e tradizionale oriente), attraversando prima l’Europa orientale, sino a giungere “nell’Irlanda del Nord” e alle celebri balere estive padane, dove si balla una forma di valzer popolare. Questo salto spaziale (e temporale), sembra voler indicare un senso di unità tra oriente ed occidente (tra origini e momento presente, seppur passato), dove però nel primo si è più vicini ad una visione profonda e spirituale, mentre nel secondo, più stancamente, ma in maniera altrettanto autentica, si parla il linguaggio di un’umanità ancora “vera” (il richiamo alle coppie di anziani mi sembra che raffiguri tutto l’amore e la tenerezza che Battiato prova; da queste piccole “cose”, infatti egli sembra ancora intravedere quel portato di verità che egli probabilmente sente oramai perduto nella società contemporanea, come residui di un mondo che non c’è più (vedasi Pasolini).
E gira tutto intorno alla stanza mentre si danza, danza E gira tutto intorno alla stanza mentre si danza
Nei ritmi ossessivi la chiave Dei riti tribali Regni di sciamani E suonatori zingari ribelli
Sciamano
Nella Bassa padana Nelle balere estive Coppie di anziani che ballano Vecchi valzer viennesi
Le ultime strofe invece fungono da specificazione concettuale delle prime, e finiscono con un suono di Valzer, quando al contrario il resto della canzone si impronta <<sui ritmi ossessivi>> che sono <<la chiave>> per raggiungere stati profondi della mente (almeno sino al Battiato degli anni ’80, poi pian piano ci sarà un passaggio ad una sfera più mistico-meditativa).
In maniera sentimentale, poetica, forse addirittura patetica, però la canzone finisce placidamente, con un lento valzer “padano”, da cui si desume che nonostante l’avanguardia, nonostante la ricerca di porti sconosciuti e lontani, Battiato non può rimanere indifferente, alla semplicità di un mondo umile, forse sempliciotto, ma vicino alle sue origini, che sono anch’esse parte della Verità. Non a caso, dopo l’esperienza milanese e internazionale, tornò a vivere in Sicilia a Milo, praticamente a due passi da dove era nato, cioè a Riposto, prima chiamata Ionia, luogo che sarà la sua ultima dimora terrena.
Battiato nel suo casolare di Milo
Mi fermo qui per ora, come vedete, su Battiato e su i temi che si innescano attraverso le sue composizioni si potrebbero fare decine di libri. Sintomo di un sapere intellettuale ed esperenziale altissimo, ma anche e soprattutto della sua immensa curiosità, del suo sentire gentile, e di un’intuizione e capacità evocativa immense. Questa capacità è unica, perché davvero nessuno come lui, almeno in ambito musicale italiano, è mai riuscito a trasporre con apparente semplicità tematiche “indicibili”, o così difficili da capire agevolmente, ad un grande pubblico!
Questo è veramente il suo mistero! Il mistero di un uomo a 360°, di un critico, un grande critico del nostro tempo. E non per mancanza di amore, per astio personale. Ma per immenso amore. Per l’immensa consapevolezza (innata, ricercata e appresa) delle infinite capacità e possibilità umane, che oggi traviate da falsi miti, ben veicolati, hanno reso l’umanità più sterile, meno feconda, meno consapevole del vero senso della vita e delle possibilità immense che l’uomo potrebbe avere, se solo non sprecasse il suo tempo nella ricerca dell’erroneo e del contingente, dimenticando quell’eterno, quella Luce, che mai può smettere di brillare, per quanto le nubi possano addensarsi o divenire minacciose.
GRAZIE MAESTRO PER TUTTO CIO’ CHE CI HAI DATO, CHE LA TUA EREDITA’ NON SIA DILAPIDATA, MA SIA FECONDA, PER NUOVE PIANTE CHE RIDIANO IL SENSO VERO DELLA VITA, CHE OGGI PURTROPPO STA’ SCOMPARENDO.
UN ABBRACCIO, OVUNQUE TU SIA O IN QUALSIASI COSA TI SIA GIA’ REINCARNATO (COME TU FERMAMENTE CREDEVI).