La forza delle donne

In questa grande giornata dedicata alle donne, rifletto che indubbiamente, tra le persone più eccezionali che ho conosciuto nella mia vita, rientrano tantissime figure appartenenti alla seconda metà dell’universo umano. Riconosco in esse, nella loro generosa e disinteressata abdicazione, al lavoro, alla cura (del mondo e delle persone), una qualità che negli uomini è molto rara.

La loro eccezionalità è fuori discussione e credo abbia origini psicologiche, oltre che antropologiche e sociali. Per millenni le donne nella nostra società occidentale, hanno sempre vissuto un passo indietro all’uomo, in virtù di un patriarcato, tal volta, se non frequentemente, odioso e insopportabile. Di fatto, però, quando esso non si è sviluppato in forme di tirannia, non ha mai annullato le donne, che anzi, de facto, hanno forgiato il carattere dell’uomo occidentale, attraverso l’educazione e la cura dei figli, dei genitori, e mediante l’amministrazione informale della casa e la cura delle relazioni sociali.

Ovviamente oggi, è impensabile, per fortuna, che si possa tornare ad un passato, che è stato giusto trapassare, in virtù anche degli sconquassi socio-economici apportati dal modello di produzione capitalistico e dalla società mercantile (a partire dalla creazione delle fabbriche e l’evoluzione dei diritti civili e politici in senso democratico). Ma vorrei anche ricordare come quel passato non può nemmeno essere derubricato come barbaro e lontano. Infatti, le donne hanno svolto un ruolo eccezionale nella sacralizzazione dell’amore, ispirando e creandola l’amore cortese, che è stato il primo passo, per uscire da società violenta e predatoria.

Come dimenticare la Beatrice di dantesca memoria? Senza Beatrice, non sarebbe mai esistita la Divina Commedia, dato che per il primo italiano di ogni tempo, Dante, essa fu il mezzo per raggiungere le altissime vette del Paradiso di Dio. Ma la figura della donna è centrale per la letteratura di ogni tempo, perchè nonostante la sua apparente subalternità, la donna era assolutamente centrale nella vita di tutte le civiltà del passato. Essa era il principio femmino, l’unico che rendeva la vita riproducibile, ma anche sacra, perchè l’uomo nonostante l’uso della forza (di cui aveva il monopolio, anche per caratteri biologici) era destinato a soccombere, nel ciclo dei giorni e delle stagioni.

La donna infatti era alla base del principio dell’eterno, colei che attraverso la riproduzione della specie, rendeva possibile un futuro e quindi un senso della vita e poi della storia. Senza una successione, senza la nuova vita, che nasceva attraverso la donna, non avrebbe avuto senso far nulla, e quindi nemmeno vivere, sennò solo nella distruzione e nella rapacità, quindi nella non-civiltà.

Per questo la donna era sacra, o meglio la porta di ingresso per una dimensione che all’uomo maschio è ineffabile, la Vita Eterna (non nel mero senso cristiano, ma nel senso letterale, la vita senza fine).

Da ciò, la tradizione ha sempre posto in un ruolo di specialità il principio femminile della vita, fino a chè, Dante ha reso donna Beatrice, la porta di accesso privilegiata per il regno del Supremo, da dove tutto ha inizio.

Oggi, indubbiamente, si sono fatti enormi passi avanti per assicurare alle donne eguali diritti: la legge infatti tutela entrambi i sessi allo stesso modo (seppur rimangono degli ostacoli di mentalità che rende più difficoltoso, la piena attuazione materiale di questa uguaglianza). Ma in questo processo egualitario probabilmente qualcosa è andato perso per strada, come spesso accade, ogni qual volta l’evoluzione è troppo veloce e rapida.

La parità di genere, in pratica omologando uomini e donne, ha fatto perdere alla donna il suo essere elemento sacro nella società. La donna di oggi (per la verità da più di un secolo nelle elite più avanzate) indubbiamente vuole l’autoaffermazione, e non dipendere da una società dominata (almeno pro forma) da soli uomini. E fa bene ad avanzare ogni pretesa di uguaglianza e libertà visti igrandissimi risultati ottenuti.

Il problema è che il suo ingresso nel regno degli uomini, ha lasciato un grande vuoto, da cui derivano probabilmente varie forme di smarrimento.

Il sistema produttivo capitalistico ha infatti annientato in pochi anni ogni valore del passato, percepito come arcaico e comunque oscuro. In virtù dell’adulazione della crescita e della produzione, per scardinare vecchi privilegi e liberare forze produttive, in una logica di competizione, principio informatore di tutto, si è inclusa la donna, nel sistema (specie in un mondo dove la dimensione intellettuale è basilare).

L’importante è il merito. E nel merito si saldano le capacità e la volontà. Ovviamente, in un sistema economico come questo, una società cristallizzata e ossificata, diventerebbe insostenibile e anche svantaggiosa, oltre che ingiusta. Questo è bene dirlo. Una società che non ha più nulla di tradizionale e degli antichi valori, deve pretendere che le donne abbiano la possibilità di affermarsi con i mezzi che gli sono riconosciuti come leggittimi, perchè utili, dal sistema (le capacità negoziali, la padronanza della tecnica, la volontà e l’affidabilità).

La forza delle donne in tal senso sono illimitate. Per esperienza (ma le cause mi sfuggono) infatti esse sono più costanti, più responsabili e anche più capaci di mediare nei gruppi, degli uomini. Ma una cosa va detta, anche oggi che è l’8 marzo: tutto ciò non risolverà e non migliorerà troppo la situazione dell’umanità, perchè ciò che si sta affermando non è il principio femminile e generatore, il senso del Sacro, che è stato annientato anzi, ma forme sempre più spinte di razionalità economica.

Dal mio punto di vista, semplicemente si è incluso le donne, nel vecchio modello produttivo borghese e capitalistico. E’ probabile che ciò apporti dei miglioramenti sistemici, comunque.

E’ innegabile, infatti che le donne, col loro ingresso nelle istituzioni politiche, certamente, apporteranno parte del loro antico sapere e della loro femminilità, riducendo probabilmente i conflitti e le guerre. Infatti la guerra, è sempre stato uno strumento tipicamente maschile. Ma al contempo, tuttavia, i conflitti non saranno sanati, diventando più subdoli e sofisticati, perchè il sistema produttivo lì richiede.

Infatti non ci può essere competizione a somma zero. Quando uno vince, spesso un altro perdere, e perde tutto, soprattutto in un’era in cui lo Stato sembra non aver altro ruolo che la regolamentazione del mercato, avendo abdicato ad attore reale di welfare.

Per questo, anche oggi che siamo tutti dalla parte dell’eguaglianza, non dimentichiamo che se anche la questione del genere e della razza, sarà definitivamente risolta, superateade facto dai principi stessi, nonchè dal funzionamento, del sistema produttivo. Non va dimenticato, che oramai, siamo entrati in un mondo in cui le differenze non le fanno più il genere, e nemmeno il colore della pelle (grazie a dio).

Ma che ciò nonostante, non si stà andando necessariamente verso un mondo più giusto. Al contrario, invece, si può osservare come il sistema produttivo capitalistico (e consumistico) stia riducendo sensibilmente le risorse del Pianeta.

Conseguentemente, dovranno presto inasprirsi i sistemi di dominio, per imbrigliare tutti coloro che sconfitti, non parteciperanno, se non per le briciole, alla spartizione della torta. Torta che si fa sempre più piccola; per la brama di pochi altamente competitivi (per censo o per attitudine personale) che difficilmente cederanno la propria parte, anche minima, perchè laddove regna la cupidigia, laddove regna il privilegio, conquistato o ereditato, nessuno penserà mai a chi sta sotto peggio, ma a chi ha di più! (e poi cedendo si rischia di perdere la propria capacità di influenza, la propria potenza, e da lì a franare penosamente ce ne manca poco… )

Per questo viva la donna, ma temo che la liberazione dall’inedia e dall’ineguaglianza, come credevano alcuni movimenti femministi, non passerà dalla sua liberazione!! Buon 8 marzo a tutte

Ricordo in memoria di Agitu Idea Gudeta (e considerazioni inattuali sul bene e sul destino dell’uomo)

Agitu Idea Gudeta, ex titolare dell’azienda “La capra felice” con due esemplari di pezzata mochena, razza di ovini a rischio di estinzione (immagine by https://www.lavocedeltrentino.it)

Questa è la storia di Agitu Idea Gudeta. Questa è la storia di una donna meravigliosa, come ce ne sono tante, speciali, idealiste, lottatrici, solidali, intelligenti e con un enorme spirito di sacrificio. Questa donna è morta a poco più di 4 decenni dalla sua nascita, che non sono nulla, un battito di ciglia. Eppure la sua vita più che un battito di ciglia è stata veloce ma potente come un lampo, una luce che va immortalata, perché vivi per sempre.

Agitu viene in Italia dall’Etiopia per la prima volta a 18 anni per studiare nella prestigiosa facoltà di sociologia di Trento. Finiti gli studi torna a casa, ricca di un bagaglio intellettuale e di un idealismo unico per noi occidentali. Agitu infatti inizia ben presto a lottare in difesa dei piccoli contadini etiopi, che vedono sfumare la terra che coltivano da miriadi di generazioni tra le dita, a causa degli espropri forzati operati da un governo autoritario e corrotto, che con pretesti falsi quanto malevoli, toglie ai propri cittadini che vivono nelle campagne l’unico mezzo di sussistenza, per favorire i grandi latifondisti internazionali. Questa gente che pratica un’agricoltura sostenibile e solidale e alleva capi di bestiame tra l’aridità del clima semidesertico, vede in un battito di ciglia, perdere tutto. Davvero tutto. Una cosa che non credo sia possibile capire, se non con un lavoro di immedesimazione totale che travalica la nostra stessa esistenza di apparente opulenza occidentale. Questi piccoli contadini venendo espropriati della terra, diventano braccianti al soldo dei grandi latifondi monoculturali per meno di un dollaro al giorno.

Agitu non ci sta, capisce da mente indipendente e libera, della gravissima ingiustizia che menti corrotte e malvagie hanno architettato per arricchirsi a discapito di milioni di persone e dell’ambiente e del rischio di estinzione che le razze di animali autoctonee corrono per la distruzione dei terreni e di quel fragile equilibrio tra attività umana e natura, costruito con grande fatica in ambienti tanto fragili, visto l’impatto devastante delle monoculture intensive, e si batte come una leonessa per difendere i diritti umani e universali della sua gente, lei che non è una contadina, ma figlia della classe media agiata a costo di mettere a rischio la propria sfera privata, diventando un’attivista. Non è una scelta facile e lei lo sa bene, ma lo fa perché a volte essere dalla parte giusta è più importante che stare dalla parte di chi detta le regole. Ma la scelta si rivela presto eroica e disperata tanto da costringerla alla fuga, man mano che i suoi compagni di battaglia iniziano a sparire nel nulla uno a uno. Allora si vede costretta a fuggire, perché rimanere sarebbe significato morte certa e terribile.

Riparte allora per l’Italia come esule politica con appena 200 euro e solo le sue capacità personali. Ritorna a Trento e inizia a lavorare come cameriera per sostenersi. Ma a lei non basta. Lei è una leonessa della savana e vuole riprendere la battaglia sulle montagne meravigliose del Trentino. Qui prende in gestione delle terre demaniali abbandonate o prestate allo sfruttamento intensivo dei boschi e rimmette in natura una capra autoctona del luogo, la pezzata mochena in via di estinzione per via dell’abbandona della pastorizia delle popolazioni locali e dei giovani in particolare. Agitu dovette pensare che se potevano fare del buon latte in Etiopia, nel deserto, l’impresa era fattibile naturalmente anche in Trentino. E ci riuscì! Man mano aumenta i capi in suo possesso che iniziano a superare il centinaio. Lei diventa una vera e propria imprenditrice tanto da attirarsi anche una scia di odio e invidia da parte di un autoctono che non accetta questa donna del deserto tra le “sue” montagne.

Ma Agitu va avanti e diventa un simbolo del Trentino, amata e rispettata, da tutti, simbolo di un’integrazione non solo sbandierata, ma autentica, tanto che apre un negozio a Trento per vendere i suoi prodotti caseari e cosmetici, prendendo con se a lavorare gente che come lei era dovuta fuggire da scenari di morte. Ma proprio questo gli è costato la vita. Un suo collaboratore, un espatriato come lei, l’ha uccisa con un assurdo pretesto. Il mancato pagamento di una mensilità salariale. Così vero, che ha anche abusato di lei, probabilmente già morta.

Agitu, sei scampata alla persecuzione di un regime sanguinario e un immigrato come te che tu hai provato ad aiutare ti ha ucciso. Vittima dello stesso bene che ti ha sempre mosso in tutto ciò che hai fatto. Purtroppo nel tuo slancio ideale ti sei fidata di una persona malata, molto probabilmente, vittima o carnefice al contempo di una storia indicibile, come tanti sopravvissuti di persecuzioni e conflitti fratricidi. Questo reduce purtroppo vittima evidentemente di se stesso e della sua storia personale oltre che del Paese dal quale è fuggito, ma di cui non si è mai riuscito a disfare, ha ucciso e violentato la sua benefattrice. Il tuo sorriso però non smetterà mai di brillare e la banalità del male di ogni tempo non varrà mai un attimo della tua esistenza.

A volte il destino è davvero beffardo. Scappi da una persecuzione politica e ti ritrovi vittima di un femminicidio in una terra di pace. Purtroppo il male è contagioso e la devastazione che abbiamo creato in Africa nei secoli, come in ogni scenario di guerra e di forme estreme di colonialismo, sono ferite purulente in cui le ingiustizie e i dolori immensi e sedimentati nel corso degli anni rischiano prima o poi di entrare in circolo e di fare scoppiare nuovi lutti e dolori anche in luoghi lontani e di pace. Quando capiremo che l’umanità è un unico organismo. Come si può credere che l’immenso dolore causato dall’Occidente nel corso dei secoli attraverso il colonialismo non abbia infettato interi popoli. E poi pazienza se a pagare sono gli innocenti, Agitu, il male purtroppo è pazzo e folle e predilige colpire gli innocenti. Come si spiegherebbe altrimenti gli stupri e le uccisioni di bambini che avvengono in ogni scenario di guerra.

Al male si accanisce sul bene. E l’unico modo di sanarlo è ristabilire con equità la giustizia e tamponare le ferite, che sono vecchie come la storia dell’uomo, seppur sembrano essersi fatte ancor più profonde e insanabili man mano che il “progresso” si è evoluto.

Nuove forme di male e di sfruttamento stanno emergendo, e il conto sarà inevitabile e lo stiamo già vedendo con l’acuirsi della crisi climatica e ambientale, che a sua volta causerà nuovi conflitti, si quando questa maledetta spirale non sarà interrotta. Si, ma come? Attraverso il vero, attraverso la luce e ristabilendo l’ordine naturale delle cose: l’armonia, il rispetto, la cooperazione e l’emarginazione del male. Ristabilendo insomma primariamente un senso di giustizia, che ora manca. Ma bisogna uscire dalla narrazione comune e imparare a rieducare i propri sensi e la propria voce interiore, che conosce il bene e lo persegue.