Contro la violenza sulle donne

Spero con tutto il cuore che in Italia finalmente si riesca ad affermare il principio reale dell’eguaglianza di genere. E’ già tanto che se ne parli e si evidinzi da più parti come questa eguaglianza non esiste ancora nel 2021.

Siamo agli ultimi posti in Europa, dietro solo ad alcuni stati dell’Est e alla Grecia. Purtroppo il discorso è sia normativo che culturale. Lo Stato fa ancora poco sia a livello penale, per reprimere gli ignobili atti di violenza, che quasi sempre avvengono in famiglia, che con politiche pubbliche proattive, capaci di assicurare davvero uguali opportunità, soprattutto nel mondo del lavoro, perchè una donna che ha figli, se non ha una famiglia o un compagno che la supporti, di fatto non può contare su nessun servizio di welfare.

Purtroppo sul fronte della violenza la legislazione non aiuta. In primis perchè per molti reati è necessaria una denuncia esplicita (e ciò ovviamente rende alle donne maltrattate più complicato procedere sia per ragioni psicologiche che per paura di possibilissime ritorsioni). Sul fronte invece del lavoro, lasciato in pratica a totale arbitrio del datore, la donna paga il suo possibile essere madre e le sue responsabilità familiari, demandate ad essa dalla cultura che in molte famiglie rimane patriarcale.

Naturalmente non tutte le donne hanno la sfortuna di essere incastrate in queste dinamiche. Il ceto aiuta. Lo status economico pure. L’educazione fa il resto, così come la personalità di ognuno. Ma quando c’è un gap da colmare non ci si può affidare alle dinamiche interne della società, che tendono a riprodursi nel tempo.

Lo Stato deve intervenire attivamente con politiche economiche di supporto e normative adeguate (contro la violenza di genere ma anche con aiuti concreti, in primis asili nido gratuiti e diffusi sul territorio). Un dato che poi penso sia innegabile è che in Italia c’è un tabù. E si chiama famiglia.

La famiglia come ogni istituzione sociale va capita, supportata, ma non è inviolabile qualora sia disfunzionale agli individui che la compongono. Invece in Italia, e al Sud in particolare, anche per l’incapacità e la mancanza di mezzi del potere pubblico la si è lasciata come un’isola felice, a vivere di se stessa.

Questo può funzionare nelle isole felici, ma purtroppo non sempre le famiglie lo sono, sia per motivi economici, che culturali (laddove invece le situazioni non sono proprio patologiche e disfunzionali, quando un componente, tende a voler esercitare un dominio assoluto sugli altri soggetti più deboli; un padre, un compagno despota o violento, non sono certo eccezioni rarissime).

Ecco, in questi casi, lo Stato si deve far sentire e sancire una volta per tutte, sembra retorico nel 2021, che la famiglia non è inviolabile, laddove soggetti deboli, figli, compagne, mogli, sono vittime di abusi fisici e psicologici.

Lì bisogna intervenire. Al di là di ogni retorica o propaganda di facciata, che non risolve il problema. Infatti oggi si ha l’idea che basta stigmatizzare i comportamenti per annullarli. Ma per cambiare le cose bisogna intervenire attivamente e in maniera intelligente, prevenendo innanzitutto l’isolamento e l’emarginazione, che è l’anticamera di ogni delitto e sopruso.

Per questo politiche attive per le famiglie ci vogliono, e per i singoli, oltre che ad una campagna culturale (educazione più che slogan), per sostenere uomini rispettosi del valore della vita, e quindi delle donne, che la vita la danno!

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